giovedì 1 aprile 2010

Meno male! Il Presidente della Repubblica non promulga , e rinvia alle Camere, il ddl - lavoro.


Il presidente della Repubblica non ha promulgato e anzi rinviato alla Camere per una nuova deliberazione la legge-delega che comprende una controriforma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. In pratica si tentava di aggirare la norma-chiave che consente al dipendente di ricorrere sempre al giudice del lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa. Ora si vorrebbe imporre al lavoratore (in oggettiva condizione di inferiorità) di scegliere, già al momento dell’assunzione, tra tutela giurisdizionale e arbitrato e, in questo secondo caso, senza possibilità di successivo appello al giudice. Giorgio Napolitano è stato indotto a tale decisione non solo «dalla estrema eterogeneità della legge» (un mostro omnicomprensivo: diecine di articoli, centinaia di commi) ma, si legge in una nota diramata dal Quirinale, «in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni, con specifico riguardo agli artt. 31 e 20 che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale». Con la citazione dell’art. 20, esplicito è il riferimento all’arbitrato-truffa che demolisce l’art. 18 dello Statuto.Con l’art. 31 si fa invece riferimento al dramma dell’amianto: le strutture di gran parte del naviglio statale, civile e militare ne sono ancora gonfie, con rischi gravissimi per la vita stessa degli equipaggi. Da qui la decisione di rinviare la legge alle Camere (potere del capo dello Stato in base al primo comma dell’art. 74 della Costituzione) per «un ulteriore approfondimento (…) affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale». Le Camere, preso atto del messaggio di Napolitano (letto a Montecitorio ieri pomeriggio), procederanno ad un riesame della legge per modificarla: obiettivo per cui si erano invano battute le opposizioni di sinistra e la Cgil. Il ministro del Lavoro Sacconi, che aveva voluto quelle norme con intransigente no a tutti gli emendamenti dell’opposizione, solo ora si dichiara genericamente disponibile ad «alcune modifiche» per «circoscrivere la possibilità di rinviare all’arbitrato, all’atto dell’assunzione, l’eventuale contenzioso». Comunque, dopo una seconda lettura e qualunque ne sia l’esito, il Quirinale dovrà promulgare la legge, in base al secondo comma dello stesso art. 74. Potrebbe sempre intervenire la Corte costituzionale, il “giudice delle leggi” (sarà un caso ma, mentre veniva resa nota la decisione del rinvio, Napolitano riceveva il presidente della Consulta, Amirante). Tre osservazioni, subito. La prima riguarda i tempi dell’impugnativa: con grande senso di responsabilità Napolitano ha atteso quasi l’ultimo giorno utile (il 3 aprile) per rinviare la legge, e ciò al fine di evitare che il gesto potesse essere interpretato come interferenza nella battaglia elettorale. La seconda: non solo è la prima volta, nel triennio già al Quirinale, che Napolitano rinvia una legge al Parlamento, ma – nel farlo – ha dato una netta impronta al suo gesto: la tutela dei diritti (salute, contratti) dei lavoratori. E qui scatta il terzo e più rilevante dato politico. Il ministro Sacconi ha subìto un clamoroso smacco: sconfessato non solo dalle opposizioni di sinistra ma da una marea di giuslavoristi e dalla Cgil, ora è stato costretto ad annunciare la disponibilità – sin qui insufficiente – a “modifiche”. Sotto botta altrettanto dura Cisl e Uil che pagano caro (glielo ha trasparentemente rimproverato il segretario della Cgil, Epifani, che esprime soddisfazione e apprezzamento per la decisione del Quirinale) l’intempestivo plauso all’approvazione della legge-delega. Unanime soddisfazione delle forze che si erano battute in Parlamento contro le norme volute da Sacconi e dal centrodestra. «Riforme sì, ma senza forzature», sottolinea Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati Pd; Napolitano «ha esercitato il ruolo di garante della Corte costituzionale», dice il leader dell’Idv Di Pietro. «è schierato dalla parte dei lavoratori» per il segretario dei Comunisti Diliberto. Giorgio Frasca Polara