giovedì 22 aprile 2010

V.I.P. s


La foto della tribuna VIP alla partita Lazio-Roma di domenica scorsa può sembrare innocente, una cosa da niente, invece è la dimostrazione dell'esistenza di un virus che colpisce i politici. Un morbo che infetta anche i neo eletti e che stabilisce di fatto due classi sociali in Italia: i VIP e tutti gli altri. La tribuna delle Autorità dell'Olimpico, 242 posti gestiti dalla squadra ospite e dal CONI, vedeva seduti per il derby sulle poltrone azzurre extra large i nuovi padroni del Bel Paese, per loro il vero Paese di Bengodi. VIP che hanno vinto il biglietto della Lotteria Italia, macchine blu, pensione dopo due anni e mezzo di legislatura, assenteismo libero al Parlamento italiano e a quello europeo, doppio e triplo incarico, doppio stipendio, immunità dalle leggi, voli de luxe. Tra un buffet e una bibita i VIP applaudivano i giocatori in campo ed esibivano la loro superiorità tribunizia al popolo, al volgo, come ai tempi di Cesare. Tra i molti: Renata Polverini, Paolo Bonaiuti, Clemente Mastella, Maurizio Gasparri, Francesco Rutelli, i direttori della RAI e il consigliere RAI Soderini, Fabrizio Cicchitto, Giulio Napolitano, figlio del Presidente della Repubblica. Quando si incontrano si riconoscono, si fiutano come i cani al parco. Fanno cose, vedono gente. "Ambiente simpatico e informale, i colleghi rilassati", parola del VIP Gasparri.
I simboli sono importanti, una tribuna ripiena di dipendenti pubblici che si atteggiano a padroni è la prova della nostra minorità. Il padrone è servo e colui che dovrebbe servire è diventato un arrogante parvenu. Milioni senza lavoro, decine di suicidi di disoccupati per disperazione e un Paese allo sfascio economico e morale non turbano i VIP. Sono "rilassati", non hanno un cartellino da timbrare, obblighi lavorativi, qualcuno che li controlli. Possono, con elegante metafora, fare il cazzo che gli pare e riscuotere uno stipendio favoloso. Amano atteggiarsi a statisti, stabilire nuove alleanze, indicare sconosciuti orizzonti. L'unica cosa che non fanno è lavorare, svolgere il compito per il quale sono stati eletti. Un'attività troppo plebea, loro non si mischiano con la plebe.
(dal blog di BEPPEGRILLO).