mercoledì 31 marzo 2010

IRIS SpA: Cgil, meglio tardi che mai.


Cgil: “Evitare a tutti i costi la svendita di Iris”

«La svendita del ramo energia di Iris va evitata a tutti i costi». A sostenerlo è Giovanni Comparone, segretario generale della Filctem-Cgil Friuli Venezia Giulia. «Vendere – sostiene – sarebbe una scelta dissennata, visto e considerato anche il forte rischio di non arrivare all’incasso di 90-100 milioni inizialmente prospettato dalla proprietà».

Il sindacato di categoria della Cgil, quindi, ribadisce la sua posizione a favore del progetto multiutility regionale: «Un progetto – spiega Comparone – che la Cgil ha sempre sostenuto, assieme alle altre organizzazioni sindacali, sin da quando la proprietà della multiutility isontina, con una improvvisa ed inspiegabile scelta e nonostante l’interesse di importanti aziende della regione, ribaltò il proprio orientamento e decise di procedere alla vendita di un bene di primaria importanza per il territorio isontino. Il rischio evidente è quello di disperdere un patrimonio di conoscenze e di professionalità e una leva fondamentale per l’economia del territorio, solo per fare cassa e con incassi largamente inferiori alle cifre inizialmente previste: siamo convinti che questo pericolo possa essere scongiurato, anche grazie al controllo democratico dei cittadini, i veri proprietari di Iris, attraverso i propri rappresentanti, di maggioranza e di opposizione, eletti nei consigli comunali».

Da qui l’appello a rivedere la scelta di vendere e a «impegnarsi nella ricerca delle possibili aggregazioni per realizzare una unica grande multiutility regionale, avviando un progetto industriale forte, capace di intrecciare in una proposta complessiva l’interesse dei lavoratori, dei cittadini e dell’imprenditoria del territorio». La Filctem , infatti, resta convinta che «la soluzione migliore per i lavoratori, per i cittadini e per il territorio sia quella delle aggregazioni, anche se l’incasso dovesse essere in linea con gli obiettivi iniziali».
Se vendita dovesse essere, comunque, la cessione dovrà rispettare alcuni punti fermi: «Il mantenimento della clausola sociale a tutela dei lavoratori, escludendo qualunque forma di vendita “a pezzi”, precise garanzie per il miglioramento degli attuali livelli di qualità dei servizi forniti, il mantenimento in provincia o comunque in regione della sede ai fini fiscali».

venerdì 26 marzo 2010

Per chi ha la memoria corta.


STATUTO IDV

omissis

Art. 6 – Le Associazioni di base (Circoli):


Le Associazioni di base o Circoli sono libere associazioni di cittadini desiderosi di organizzarsi in proprio per contribuire allo sviluppo politico del Partito ed alla sua penetrazione nel tessuto sociale del paese. I Circoli sono territoriali e tematici (questi ultimi anche senza riferimento ad un ambito territoriale). Ogni Circolo opera in piena autonomia statutaria, amministrativa, contabile e civile e determina autonomamente il proprio programma di attività purché non in contrasto con le direttive degli organi statutari nazionali, regionali e territoriali del Partito. I circoli non possono in alcun modo e ad alcun titolo vincolare o rappresentare l'Associazione, ne' utilizzare il contrassegno del partito senza il consenso espresso degli Organi statutari dell'Associazione. Possono costituirsi in Associazioni di base gli aderenti del Partito che perseguono finalità di comune interesse. Le Associazioni di base territoriali concorrono e realizzano iniziative compatibili con i principi e gli obiettivi del Partito stesso. Ad esse non compete la rappresentanza del Partito sul territorio. Possono coesistere più Associazioni di base nella medesima realtà territoriale. I Circoli possono costituirsi anche all’estero e fra soggetti residenti all’estero ed in Italia. Sono possibili forme spontanee di coordinamento delle Associazioni di base nei diversi livelli territoriale e tematici. Ad esse deve essere assicurata l’attiva partecipazione alla vita politica del Partito e va favorita la presenza di loro rappresentanti negli organismi elettivi territoriali del Partito.Gli Statuti Regionali possono prevedere e disciplinare i casi in cui e’ possibile l’iscrizione a piu’ associazioni di base tematiche e territoriali.L’Associazione di base territoriale comunale è costituita, di norma, con la presenza di un minimo di 10 aderenti nei Comuni sino a 10.000 abitanti e di 20 aderenti in quelli con popolazione superiore. Il riconoscimento alla costituzione delle Associazioni di base compete alla struttura di coordinamento regionale che vi provvede secondo le indicazioni dello Statuto e dei Regolamenti Regionali. Alla struttura Nazionale viene data tempestiva comunicazione della costituzione dei circoli e della loro composizione, al fine della loro registrazione nel "Registro Nazionale dei Circoli" e per poter esercitare il potere di verifica della compatibilità dell’attività svolta dai circoli con l’interesse generale.

giovedì 25 marzo 2010

Dicerie.


1. Ad oggi non esiste alcun

CIRCOLO dell'ITALIA dei VALORI mandamentale


Il mandamento, si ricorda, è rappresentato dai comuni di Monfalcone, Ronchi, San Canzian, Staranzano,Turriaco, San Pier d'Isonzo, Fogliano, Doberdò e Sagrado. Qualcuno, evidentemente ancora poco conoscitore della realtà locale e ignorando il vero significato, pare usi questa dicitura a proprio uso e consumo. Ciò potrebbe essere fuorviante in quanto frutto di errate supposizioni;

2. Non c'è mai stato un ACCORDO pre-elettorale con il PD di Turriaco in base al quale ad IDV, in caso di vittoria, veniva assicurato un posto di assessore comunale! L'evidenza di ciò detto? Coerentemente abbiamo presentato una nostra lista ed attualmente "sediamo", con impegno civico ed onore, sui banchi dell'opposizione. Probabilmente si tratta delle solite e ricorrenti fantasie del disfattismo di chi non c'era! Ut supra.

Cui prodest?

martedì 23 marzo 2010

Squadra speciale......SWAP!


Il presidente della Commissione Finanze del Senato, Mario Baldassarri, ha presentato ieri a Palazzo Madama il documento finale che chiude l'indagine conoscitiva su derivati e cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni. Al termine dell'indagine conoscitiva la Commissione ha affermato che sui derivati di Comuni, Province e Regioni non c'è un rischio sistemico per la finanza locale ma che, tuttavia, non mancano casi preoccupanti di criticità. Per questo motivo, la Commissione chiede di rafforzare e rendere definitivi i divieti sui prestiti con rimborso unico finale (operazioni bullet) e sull'erogazione di premi (upfront) iniziali agli enti che sottoscrivono i contratti; vigilanza alta, poi, sulla gestione del fondo di ammortamento, anche perché la lunga durata dei prestiti espone l'ente ai rischi di insolvenza dell'intermediario.Una criticità particolare è, secondo la Commissione, la diffusione dei derivati negli enti locali più piccoli che generalmente non hanno le competenze e l'esperienza per valutare appieno i rischi connessi a complicate operazioni finanziarie; al riguardo, il documento finale suggerisce di vietare la sottoscrizione di contratti derivati nei comuni non capoluogo di Provincia che contano meno di 100mila abitanti.Tra le indicazioni della Commissione compare anche l'invito al Ministero dell'Economia di varare in tempi rapidi i regolamenti sulle operazioni consentite agli enti pubblici territoriali e quello sulla trasparenza in attuazione della direttiva Mifid. In questo secondo regolamento, poi, il suggerimento è quello di considerare in ogni caso gli enti locali come clienti "non professionali" a cui di conseguenza gli intermediari devono garantire un maggior livello di informazione e trasparenza. Un'altra questione critica è quella dell'indipendenza degli advisor; al riguardo, la Commissione sottolinea l'esigenza di adottare un albo per i consulenti finanziari indipendenti affinché, oltre ai requisiti di professionalità, il soggetto in questione sia in possesso di una "configurazione giuridica e operativa che garantisca l'effettiva imparzialità". Sempre in nome della trasparenza, al fine di garantire una più adeguata valutazione di opportunità e rischi, il documento ipotizza l'obbligo di sottoscrivere i contratti solo in lingua italiana, con l'indicazione del foro italiano quale luogo competente per risolvere le controversie. Per le situazioni più critiche, infine, andrebbe prevista la possibilità di una risoluzione concordata dei contratti e l'istituzione di un organo pubblico di consulenza per le amministrazioni in difficoltà.

L'acqua è nostra: difendiamola


Per la ripubblicizzazione dell’acqua, per la tutela di beni comuni, biodiversità e clima, per la democrazia partecipativa

Insieme, donne e uomini appartenenti a comitati territoriali e associazioni, forze culturali e religiose, sindacali e politiche, abbiamo contrastato i processi di privatizzazione del servizio idrico portati avanti in questi anni dalle politiche governative e in tutti i territori.
Insieme abbiamo costituito il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e raccolto più di 400.000 firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela, il governo e la gestione pubblica dell’acqua.

Mentre la nostra proposta di legge d’iniziativa popolare giace nei cassetti delle commissioni parlamentari, l’attuale Governo ha impresso un’ulteriore pesante accelerazione, approvando, nonostante l’indignazione generale, leggi che consegnano l’acqua ai privati e alle multinazionali (art. 23bis, integrato dall’ art. 15-decreto Ronchi).

Non abbiamo alcuna intenzione di permetterglielo.

La nostra esperienza collettiva, plurale e partecipativa è il segno più evidente di una realtà vasta e diffusa, di un movimento vero e radicato nei territori, che ha costruito consapevolezza collettiva e capacità di mobilitazione, sensibilizzazione sociale e proposte alternative.

Chiamiamo tutte e tutti ad una manifestazione nazionale a Roma sabato 20 marzo, per bloccare le politiche di privatizzazione della gestoione dell’acqua, per riaffermarne il valore di bene comune e diritto umano universale, per rivendicarne una gestione pubblica e partecipativa, per chiedere l’approvazione della nostra legge d’iniziativa popolare, per dire tutte e tutti assieme “L’acqua fuori dal mercato!”.

Nella nostra esperienza di movimenti per l’acqua, ci siamo sempre mossi con la consapevolezza che quanto si vuole imporre sull’acqua e in ciascun territorio è solo un tassello di un quadro molto più ampio che riguarda tutti i beni comuni, attraversa l’intero pianeta e vuol mettere sul mercato la vita delle persone.

La perdurante crisi economica, occupazionale, ambientale, alimentare e di democrazia, è la testimonianza dell’insostenibilità dell’attuale modello di produzione, consumi e vita.
Il recente fallimento del summit ONU di Copenaghen è solo l’ultimo esempio dell’inadeguatezza delle politiche liberiste e mercantili, incapaci di rispondere ai diritti e ai bisogni dell’umanità.

Se il mercato ha prodotto l’esasperazione delle diseguaglianze sociali, la cronicità della devastazione ambientale e climatica, la drammaticità di grandi migrazioni di massa, non può essere lo stesso mercato a porvi rimedio.

Analogamente alle battaglie sull’acqua, in questi anni e in moltissimi territori, sono nate decine di altre resistenze in difesa dei beni comuni.

Significative mobilitazioni popolari, capaci di proposte alternative nel segno della democrazia condivisa, stanno tenacemente contrastando la politica delle “grandi opere” devastatrici dei territori, una gestione dei rifiuti legata al business dell’incenerimento, un modello energetico dissipatorio e autoritario, basato su impianti nocivi ed ora anche sul nucleare.

Rappresentano esperienze, culture e storie anche molto diverse fra loro, ma ugualmente accomunate dalla voglia di trasformare questo insostenibile modello sociale, difendendo i beni comuni contro la mercificazione, il lavoro contro la sua riduzione a costo, la salute contro tutte le nocività, i territori contro le devastazioni ambientali.

Chiamiamo tutte queste realtà a costruire assieme la manifestazione nazionale di sabato 20 marzo.

Ciascuna con la propria esperienza e specificità, ciascuna con la propria ricchezza e capacità.

Pensiamo che la manifestazione, oltre ad essere un importante ed unificante momento di lotta, ponga con intelligenza e determinazione la questione della democrazia partecipativa, ovvero l’inalienabile diritto di tutte/i a decidere e a partecipare alla gestione dell’acqua e dei beni comuni, del territorio e dell’energia, della salute e del benessere sociale.

Consapevoli delle nostre differenze, accomunati dal medesimo desiderio di un altro mondo possibile.


FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA

Tagli al sociale


560 MILIONI IN MENO A COMUNI E REGIONI PER IL SOCIALE
In Lombardia un ulteriore decurtazione del 53%.


L’Italia sta attraversando un difficile momento economico, in questa situazione le famiglie cercano di contenere i danni, i consumi si riducono, le industrie hanno difficoltà di mercato, aumentano la cassa integrazione e la disoccupazione. Per mesi il Governo ci ha invitato a fare "esercizi di spirito positivo " non non è stato sufficiente, non preoccupandosi della situazione drammatica che andava peggiorando ossessionato da problemi giudiziari del premier e nel mettere il bavaglio o opposizioni sociali e mezzi di informazione.

La Legge finanziaria, non si è preoccupata delle ricadute della situazione economica sulle famiglie più fragili. I capitoli di spesa socio-assistenziale da erogare a regioni e comuni subiscono una sforbiciata pesante di 560 milioni di euro (-19%) rispetto all'anno precedente. Tutte le voci di spesa del sociale gestite localmente sono ridotte in modo evidente con l’unica eccezione del Fondo per le non autosufficienze.

La riduzione più consistente si registra nel Fondo nazionale per le politiche sociali che, nelle quota destinata a regioni e comuni (la parte più rilevante va all’INPS) e con cui questi ultimi finanziano tutte le attività per anziani, minori e disabili, si riduce addirittura del 50% rispetto al 2008.

Tocca il minimo storico anche il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione (L. 431/1998) che si riduce di 44 milioni ma che dal 2001 al 2009 è sempre sceso (fatta eccezione del 2006, qual maledetto Governo Prodi !) passando dai 362 milioni del 2000 ai 162 del 2009. Con queste risorse gli enti locali aiutano i nuclei familiari più poveri a pagare il canone di locazione. La costante riduzione del finanziamento non fa che rendere ancora più pesante una situazione che vede, soprattutto delle aree metropolitane, il numero delle domande di contributo in costante aumento nel tempo e, parallelamente, la costante diminuzione del grado di copertura del contributo erogato.

Il Fondo nazionale per l’inclusione sociale degli immigrati è addirittura scomparso nel breve volgere di due anni. Nel 2007 lo stanziamento era di 50 milioni, nel 2008 era di 100 milioni poi frettolosamente ridotto a 5 per poi azzerare lo stanziamento nel 2009. Scomparso. Tagli importanti si registrano anche nel Fondo nazionale per il servizio civile, nel Fondo per le politiche giovanili e in quello per le Pari opportunità.

Ma anche i temi più cari all’attuale Governo( e alla gerarchie ecclesiastiche non sono risparmiati) - i fautori divorziati del family day colpiscono anche il Fondo per le politiche per la famiglia che subisce un taglio del 31%.


Buona parte di queste risorse sono destinate ai comuni che le utilizzano per finanziare i servizi sociali. La riduzione dei finanziamenti per i comuni è assai rilevante; è come se per un anno venisse del tutto cancellato il Fondo nazionale per le politiche sociali. Il risultato complessivo di questa pesante riduzione dei finanziamenti statali per il sociale che si assomma drammaticamente a quello avvenuto anche nel 2008 avrà un impatto dirompente sulle politiche sociali dei comuni che devono far fronte ai rilevanti tagli subiti anche negli altri settori. Il risultato sarà una riduzione dei servizi sociali, del livello di copertura della popolazione fragile ed un aumento delle quote di partecipazione alla spesa a carico dell’utente. Esattamente il contrario di quello che dovrebbe accadere nei momenti di crisi economica.

Si tratta di un vero e proprio paradosso; proprio nel momento in cui servirebbero più risorse da dedicare al settore sociale per compensare una grave crisi economica queste risorse vengono ridotte e contribuiscono ad acuire gli effetti della crisi sulle famiglie italiane più fragili. Ma mentre il titanic affonda il premier parla di clima avvelenato, senza accorgersi che tanti sono già morenti.


Alla Regione Lombardia, quella del binomio Formigoni - Comunione e Liberazione per l’anno 2010 sono stati assegnati un totale di 73 milioni di Euro con un decremento netto di 21 milioni rispetto all’anno prima. Tale riduzione ha avuto ricadute pesanti anche sul nostro Ambito territoriale che ha subito una decurtazione del 53% sulla quota di Fondo Nazionale Politiche Sociali assegnato dalla Regione (solo € 665.365 per il 2010 , a fronte di € 1.428.641 per il 2009).

Anche le scelte operate a livello regionale in materia di ripartizione dei trasferimenti statali per le politiche sociali ci penalizzano, in quanto nel 2010 la Regione Lombardia ha deciso di trattenere per sé una quota parte del Fondo Nazionale notevolmente superiore rispetto all’anno precedente (34.327.562,56 € nel 2010 a fronte di 12.240.901,87 € nel 2009, con una differenza di 22.086.660,69 € pari ad un incremento del 180%), depauperando, di fatto, i Comuni di risorse certe finalizzate ai Piani Sociali di Zona, e contraddicendo i principi della sussidiarietà nonché del federalismo.

Quello che succederà sarà facile prevederlo, tagli ai servizi sociali, aumento delle tariffe, diminuzione sostanziale della qualità, con una conseguenza ulteriore nella perdita progressiva di altro posti di lavoro.

contatti e approfondimenti
www.nuovomunicipio.org

mercoledì 17 marzo 2010

L'informazione..... di garanzia.

cliccare qui per ingrandire l'immagine

Sinergie.




Comune di Turriaco

Gruppo consiliare Il Paese in comune

Gruppo consiliare Italia dei Valori - Di Pietro

Turriaco 17 Marzo 2010

· Al sig. SINDACO
del Comune di Turriaco

· Spettabili IRIS SpA, ISOGAS ed IRIS ACQUA

per il tramite del

Comune di Turriaco




Oggetto: Richiesta dati.

Si chiede

· i dati analitici relativi alla raccolta differenziata riferiti agli anni 2007, 2008, 2009;

· il MUD degli anni 2007, 2008, 2009;

· piano finanziario sulla gestione dei rifiuti 2010;

· copia dei contratti stipulati da IRIS SpA con le DITTE/IMPRESE deputate al conferimento, presso i siti specifici, della raccolta differenziata e indifferenziata e relative fatturazioni per il servizio svolto;

· copia di tutti gli atti relativi all’acquisto di autoveicoli da parte di IRIS SpA, ISOGAS e IRIS Acqua negli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009.

Distinti saluti.

Comune di Turriaco

Gruppo consiliare Il Paese in comune

Gruppo consiliare Italia dei Valori - Di Pietro

Turriaco 17 Marzo 2010

Al sig. SINDACO
del Comune di Turriaco




Oggetto: Copia atti.

Si chiede copia dell’elenco (nome cognome o intestazione/zona urbanistica/ indirizzo di esecuzione dei lavori) :

· delle d.i.a.

· delle d.i.a in alternativa al permesso a costruire

· dei permessi a costruire

depositati/rilasciati dal Comune di Turriaco negli anni 2006, 2007, 2008 e 2009

Distinti saluti.


Comune di Turriaco

Gruppo consiliare Il Paese in comune

Gruppo consiliare Italia dei Valori - Di Pietro

Turriaco 17 Marzo 2010

Al sig. SINDACO
del Comune di Turriaco

p.c. ENAC

Roma

pianificazione.aeroportuale@enac.rupa.it


Oggetto: Piano di rischio per la testata pista RWY27 – Incongruità in atti/nota ed interrogazione.

Rispondendo verbalmente all’interrogazione 145 del 12.01.2010 di cui alla deliberazione consiliare 15 del 15 febbraio 2010 l’assessore Kranitz, confermando quanto già in risposta scritta del 2009, ha affermato che il P.R.G. comunale contiene norme più severe del Piano del rischio aeroportuale, ritenendolo de facto non necessitante per il comune di Turriaco.

Alla luce di quanto detto e posto gli scriventi non si spiegano uno degli oggetti della deliberazione giuntale 11 del 25 gennaio 2010 (di ben 10 giorni antecedenti la data del Consiglio comunale): punto 10. stesura del piano del rischio aeroportuale spesa complessiva euro 22.000

Atteso il dovere di rispondere alle interrogazioni secondo i principi dettati dall’ordinamento italiano l’episodio così come cristallizzato si presenterebbe di un’assoluta gravità alla luce anche di una sequenza di inequivocabili atti, assunti in merito da questa Amministrazione (prima la DGC 11 del25/01/2010 e poi la DC 15 del 15.02.2010), che, tra l’altro, conforterebbero la tesi delle scriventi che il piano del rischio è obbligatorio per il Comune di Turriaco.

Alla luce di ciò detto interrogano il Sindaco per conoscere le reali intenzioni dell’Amministrazione comunale e il perché di atti che sembrano smentirsi reciprocamente.

Distinti saluti.

lunedì 15 marzo 2010

In materia elettorale: domande & risposte d'attualità


1. È ammissibile il decreto legge in materia elettorale?

2. La competenza regionale concorrente e la natura della norma.

3. Il decreto legge ha reale valenza interpretativa?

4. Ulteriori argomentazioni critiche.

5. Analisi di alcuni punti critici dell’ordinanza.


1. È ammissibile il decreto legge in materia elettorale?
A mio avviso il dibattito che è seguito all’ordinanza del TAR Lazio, condivisibile sotto molti profili, ha omesso di considerare un aspetto fondamentale, potenzialmente dirimente, per la intera questione.
Invero, al di là del problema delle competenze regionali, la quaestio è che la materia elettorale è in sé preclusa alla decretazione di urgenza.
In questo senso è chiarissimo il dettato della legge 400/1988, che al comma 2 dell’art. 15 sancisce che "2. Il Governo non può, mediante decreto-legge: (…) b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione". L’art. 72 comma IV della Costituzione, cui si fa rinvio, è altrettanto chiaro, nel prevedere che "La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi".
L’unica conclusione che se ne può trarre è che non è possibile il ricorso allo strumento del decreto legge. La ratio della norma, evidentemente, è proprio quella che viene oggi utilizzata per la contestazione del provvedimento: l’esigenza di evitare che le regole cambino nel corso di una procedura elettorale.
Potrebbe obiettarsi che il decreto legge ha la stessa forza della legge ordinaria, e che abbia implicitamente abrogato (o derogato) alla legge 400/1988, ma allora ci si deve chiedere che senso possa avere una simile norma. Inoltre, la disposizione del comma IV dell’art. 72 Cost. potrebbe essere interpretata in senso logico-sistematico: se per lo stesso Parlamento, titolare della potestà legislativa, è precluso il ricorso ad una modalità di formazione della legge diversa da quella ordinaria, a maggior ragione ciò dovrebbe essere precluso al Governo con decreto legge.
2. La competenza regionale concorrente e la natura della norma.
Vanno considerati anche altri due elementi.
Il primo, abbondantemente esaminato dalla ordinanza TAR Lazio, concerne la competenza concorrente delle Regioni, ex art. 122 Cost.: "Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi". In presenza di una legge regionale non è quindi possibile per il legislatore nazionale intervenire con proprie norme, se non riguardo ai principi fondamentali. È fortemente dubitabile, tuttavia, che l’intervento per decreto relativo alle modalità di presentazione delle liste possa considerarsi come aspetto relativo ai principi fondamentali, e non, invece, come norma di dettaglio, in quanto tale preclusa all’intervento statale.
3. Il decreto legge ha reale valenza interpretativa?
Il secondo concerne la reale valenza interpretativa della norma. La giustificazione che è stata data – a livello politico – è che è necessario assicurare la massima partecipazione elettorale. Ciò sembra essere in contraddizione con la stessa natura dell’intervento: se si deve ricorrere ad un provvedimento per garantire a posteriori la maggiore partecipazione, sorge il legittimo dubbio che, ab initio, quella partecipazione non fosse consentita, perché la legge non diceva quello che a posteriori le si è voluto far dire.
4. Ulteriori argomentazioni critiche.
Un ulteriore punto critico, in termini di opportunità, è l’intervento in corso di controversia: se la legge la fa il Parlamento (o il Governo, in casi eccezionali di urgenza), l’interpretazione spetta comunque ai giudici, ed il varo di una legge di interpretazione autentica, indubbiamente indirizzata ad un caso specifico già all’attenzione dell’organo giurisdizionale, rischia di tradursi in una grave invasione delle competenze.
Infine, non può omettersi di citare l’orientamento della Adunanza Plenaria n. 10/2005, che, dopo una lunga diatriba giurisprudenziale, ha sancito che gli atti che precedono la proclamazione degli eletti hanno natura endoprocedimentale, e come tali non sono impugnabili. Non a caso il TAR Lombardia – con riferimento alla posizione della lista di Formigoni, che ha ammesso - ha preso espressamente posizione sul punto, abiurando l’autorevole insegnamento del supremo consesso amministrativo.
5. Analisi di alcuni punti critici dell’ordinanza.
Andando al contenuto della ordinanza, ci si deve soffermare su due aspetti.
Innazitutto, sotto il profilo fattuale restano aperti alcuni aspetti. Il TAR Lazio si è basato sulle relazioni dei Carabinieri, che sono documenti pubblici, che fanno prova fino a querela di falso. La parte politica esclusa ha affermato e ricostruito i fatti in maniera diversa. Si dovrà quindi verificare se le affermazioni rese possano integrare gli estremi di una dichiarazione falsa, di possibile rilevanza penale, dall’una o dall’altra parte.
In secondo luogo, in uno dei passaggi della motivazione, l’ordinanza afferma "considerato che alla stregua dell'art.9 della citata legge regionale 'Le liste dei candidati per ogni collegio devono essere presentate alla cancelleria del Tribunale di cui all'articolo precedente dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti quelli della votazione' ".
Tuttavia, l’art. 9 parla di tutt’altro e per la precisione di "Spese per la campagna elettorale", modificando gli importi indicati nella L 43/1995 (riporto per comodità il testo dell’art. 9 della legge regionale: 1. Al comma 1 dell'articolo 5 della l. 43/1995 la cifra di "euro 30.987,41" è sostituita con "euro 50.000,00" e la cifra di "euro 0,01" è sostituita con "euro 0,03". 2. Al comma 3 dell'articolo 5 della l. 43/1995 la cifra di "euro 1,00" è sostituita con "euro 1,50".della legge regionale Lazio n. 2 del 2005)." A ben vedere, solo l’articolo 8 della legge regionale 2/2005 è dedicato a "Liste e candidature" ma si occupa di un aspetto diverso, e cioè dell'esonero dalla sottoscrizione degli elettori per le liste che sono espressione di partiti o movimenti rappresentati da gruppi consiliari già presenti in Consiglio, derogando per questo espressamente al citato articolo 9 della l. 108/1968.
La disciplina della presentazione delle liste è invece prevista dall’art. 9 della legge statale 108/1968, che è stato oggetto di intervento da parte del decreto legge.
Dovrebbe quindi concludersi che, se non vi è una norma regionale specifica che disciplina l'aspetto della presentazione delle liste, dovrebbe applicarsi la legge statale, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge regionale in questione, che afferma: "Per quanto non espressamente previsto, sono recepite la legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale) e la legge 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario), e successive modifiche e integrazioni". Pertanto, si dovrebbe ancora fare riferimento all’art. 9, comma 1, della legge statale 108/1968 secondo cui "Le liste dei candidati per ogni collegio devono essere presentate alla cancelleria del tribunale di cui al
primo comma dell'articolo precedente dalle ore 8 del quarantesimo giorno alle ore 12 del venticinquesimo giorno antecedenti quello della votazione; a tale scopo, per il periodo suddetto, la cancelleria del tribunale rimane aperta quotidianamente, compresi i giorni festivi, dalle ore 8 alle ore 20."
A questo punto, però, se si fa riferimento all'art. 9 della legge statale 108/1968 troverebbe applicazione anche l’art.1 del decreto legge 29/2010.


ALESSIO LIBERATI(Magistrato TAR Toscana)
Brevi note a margine dell’ordinanza TAR Lazio sulla lista "Polverini"

sabato 6 marzo 2010

Elezioni duemiladieci: no ai trucchi, sì alle regole.




Care amiche e cari amici,

Italia dei Valori insieme al PD ed agli altri partiti di centrosinistra organizza per lunedì 8 marzo alle ore 18.00 una manifestazione a Monfalcone in Piazza della Repubblica.

Partecipiamo numerosi!!!


Sull'articolo 18: un link utile.


lunedì 1 marzo 2010

Attacco al processo del lavoro.


Centosei giuslavoristi, avvocati e professori universitari hanno lanciato un appelllo per opporsi alla controriforma del diritto del lavoro. Sotto accusa aluni articoli del disegno di legge 1.167-B che prevedono significative modifiche nel sistema che regola le controversie di lavoro. Secondo i giuslavoristi attraverso questi articoli del DDL anche se non ci sono interventi sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori "mira tuttavia a svuotare dall'interno l'impianto normativo di tutela dei dipendenti". In un'intervista a Labitalia Tiziano Treu, spiega che "l'aspetto piu' grave e' che si immagina che ci possa essere un ricorso a un arbitrato per far valere i propri diritti". "Un arbitrato che addirittura puo' essere 'libero', 'in equità'', e quindi con la possibilità di decidere la controversia anche senza far riferimento alle norme di legge e ai diritti fondamentali del lavoratore. Il giudice del lavoro in sostanza verrebbe tagliato fuori dalla controversia. "Indirettamente, quindi, si colpiscono i diritti fondamentali dei lavoratori, compresa la tutela dal licenziamento, che e' uno dei tanti diritti a rischio. E' una strada - conclude Treu - assolutamente inaccettabile, non esiste in nessun Paese, e' un uso dell'arbitrato veramente devastante". fonte Studio Cataldi

Bum! Nucleare: approvato dal Governo decreto legislativo in attuazione delega.


Il provvedimento si caratterizza per due aspetti: la trasparenza e il rispetto assoluto della sicurezza delle persone e dell'ambiente”. Con queste parole, il Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, ha definito il provvedimento legislativo adottato dal governo al fine di attuare la delega legislativa data dal parlamento all’esecutivo per il ritorno dell’Italia al nucleare. Infatti, in attuazione dell’articolo 25 della legge n. 99 del 2009, (“il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge… uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”) il governo ha predisposto tale provvedimento legislativo al fine di realizzare impianti nucleari, con la definizione di criteri generali, vincoli e benefici. Su tali disposizioni, fa sapere il governo, sono stati già acquisiti i pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari. Nella nota emerge che il provvedimento legislativo, regolerà le procedure uniche per la localizzazione, la costruzione e la disattivazione degli impianti nucleari e la disciplina per la localizzazione, costruzione e l’esercizio di un parco tecnologico comprensivo di un Deposito nazionale destinato allo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi, con le relative misure compensative. Tra i principali punti del decreto, ci sono la definizione di una strategia del Governo in materia nucleare, la previsione di un ruolo “forte” delle Regioni interessate, la possibilità di concludere i procedimenti delle intese, sia con le Regioni che con la Conferenza unificata, l’istituzione di “Comitati di confronto e trasparenza” per ciascun sito, la previsione di uno stretto coinvolgimento dell’Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare in ogni passaggio procedurale e la fissazione di tempi procedurali che contemperino le esigenze di sicurezza sopra richiamate e di celere attuazione della Strategia del Governo in materia nucleare. fonte Studio Cataldi