Un sindacalista, Raffaele Bonanni, che riceve applausi lunghi e scroscianti, quasi una standing-ovation, dalla platea confindustriale, facendosi vanto della flessibilità del lavoro, contro gli irriducibili della protesta. Un ministro, Maurizio Sacconi, socialista in gioventù, che ispirandosi e citando il papa, promette di battersi per liberare il lavoro dal conflitto.
Due esempi del cemento ideologico che oggi unisce sindacalisti e ministri nel sostegno al presidente del consiglio che arriva a Parma e chiude il cerchio. Negando la crisi economica («il declino non esiste»), magnificando Tremonti (che invece dice che la crisi c'è) per elogiare se stesso, inveendo contro la Corte Costituzionale («composta da uomini nominati da ex presidenti della repubblica di sinistra»), minacciando la tv di Santoro («che fa i processi con i soldi pubblici»), promettendo di proibire le intercettazioni («illegali contro il presidente del consiglio»).
Eccole le grandi riforme, necessarie in vista dell'imminente dispiegamento del progetto presidenzialista, senza più l'ostacolo delle magistrature autonome, senza il conflitto sociale, senza l'informazione non asservita, finalmente libero di affermarsi in un paese con milioni di disoccupati a contendersi, con il popolo diseredato degli immigrati, il ruolo di esercito di riserva.
Il sorprendente applauso che ha accompagnato le parole di Bonanni, quasi che gli industriali volessero iscriversi idealmente alla Cisl, conferma e sigilla l'organica partecipazione di un pezzo del sindacato alle politiche di Confindustria e del centrodestra. E l'impianto ideologico dell'intervento di Sacconi, contro la stagione degli anni '70, interpretata da chi «si è infrattato negli ambienti dell'editoria, della magistratura, dell'istruzione nella logica del sempre meglio che lavorare», traduce la rancorosa spinta reazionaria del nord produttivo in un lessico perfettamente berlusconiano, da bar sport.
Un concentrato di falsa coscienza per occultare una realtà che la presidente di Confindustria non solo non contraddice ma neanche scalfisce quando pure sottolinea che questa «è la crisi peggiore degli ultimi 50 anni». Emma Marcegaglia ha ringraziato il sindacato di aver lavorato con gli imprenditori per contenere il conflitto sociale e ha replicato le richieste a Berlusconi di tradurre in pratica la promessa delle riforme.
Negando il declino italiano e giurando sulla ripresa dell'economia perché Berlusconi junior gli ha detto che la pubblicità di Mediaset sta aumentando, il presidente del consiglio recita il copione dell'ottimismo di facciata: tutto va bene madama la marchesa. L'impoverimento delle famiglie, l'aumento delle forbice tra i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, è tuttalpiù un fastidioso, illegittimo impedimento nel paese dove al faraone può al massimo succedere di dover rinunciare all'acquisto della villa in Toscana. da IL MANIFESTO
Due esempi del cemento ideologico che oggi unisce sindacalisti e ministri nel sostegno al presidente del consiglio che arriva a Parma e chiude il cerchio. Negando la crisi economica («il declino non esiste»), magnificando Tremonti (che invece dice che la crisi c'è) per elogiare se stesso, inveendo contro la Corte Costituzionale («composta da uomini nominati da ex presidenti della repubblica di sinistra»), minacciando la tv di Santoro («che fa i processi con i soldi pubblici»), promettendo di proibire le intercettazioni («illegali contro il presidente del consiglio»).
Eccole le grandi riforme, necessarie in vista dell'imminente dispiegamento del progetto presidenzialista, senza più l'ostacolo delle magistrature autonome, senza il conflitto sociale, senza l'informazione non asservita, finalmente libero di affermarsi in un paese con milioni di disoccupati a contendersi, con il popolo diseredato degli immigrati, il ruolo di esercito di riserva.
Il sorprendente applauso che ha accompagnato le parole di Bonanni, quasi che gli industriali volessero iscriversi idealmente alla Cisl, conferma e sigilla l'organica partecipazione di un pezzo del sindacato alle politiche di Confindustria e del centrodestra. E l'impianto ideologico dell'intervento di Sacconi, contro la stagione degli anni '70, interpretata da chi «si è infrattato negli ambienti dell'editoria, della magistratura, dell'istruzione nella logica del sempre meglio che lavorare», traduce la rancorosa spinta reazionaria del nord produttivo in un lessico perfettamente berlusconiano, da bar sport.
Un concentrato di falsa coscienza per occultare una realtà che la presidente di Confindustria non solo non contraddice ma neanche scalfisce quando pure sottolinea che questa «è la crisi peggiore degli ultimi 50 anni». Emma Marcegaglia ha ringraziato il sindacato di aver lavorato con gli imprenditori per contenere il conflitto sociale e ha replicato le richieste a Berlusconi di tradurre in pratica la promessa delle riforme.
Negando il declino italiano e giurando sulla ripresa dell'economia perché Berlusconi junior gli ha detto che la pubblicità di Mediaset sta aumentando, il presidente del consiglio recita il copione dell'ottimismo di facciata: tutto va bene madama la marchesa. L'impoverimento delle famiglie, l'aumento delle forbice tra i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, è tuttalpiù un fastidioso, illegittimo impedimento nel paese dove al faraone può al massimo succedere di dover rinunciare all'acquisto della villa in Toscana. da IL MANIFESTO