venerdì 9 aprile 2010

Una prece.

TEMPO DI RESURREZIONE - Raffaele Garofalo, prete, Pacentro

La via mediatica e spettacolare della Chiesa sembra volersi arrestare al trionfo effimero della Domenica delle Palme. Gli ultimi avvenimenti testimoniano di una Chiesa che scansa da sé la Passione, peraltro meritata, e sceglie la strada del vittimismo, della difesa ad oltranza, del contrattacco. Una dabbenaggine disarmante fa sì che le accuse documentate rivolte al Vaticano vengano addirittura equiparate alla persecuzione subita dagli Ebrei. Corruptio optimi pessima: le cadute dal piedistallo sono più rovinose. Una Chiesa meritevole di perdono non tenterà di ridimensionare le proprie colpe accusando altri. Un ladro non si giustifica chiamando in causa i suoi complici. Tanto meno si demonizza chi pretende giustizia. Nella Bibbia è scritto che è doveroso “accusare” la propria madre quando si rendesse meritevole di biasimo ( Osea 2,4). La vocazione della Chiesa è quella di “liberare coloro che sono oppressi” (Lc 4, 18), testimoniare la Verità, annunciare agli ultimi la Resurrezione di una dignità usurpata che sarà loro restituita. Dio non salirà al primo posto nella scala dei valori dell’uomo solo perché viene ripetutamente “nominato”( Mt 7,21) da coloro che Lo professano, da un papa teologo. Gli uomini vedono Dio in chi si ferma a rialzare chi è caduto per strada, vivono la Resurrezione in chi si risolleva dalle colpe senza nasconderle. Dal suo spazio “riservato” del sacro Ratzinger attacca con ostinazione un mondo laico che egli ama vedere essenzialmente malato. Lo tormenta la pagliuzza nell’occhio del fratello. “Potere, denaro e sesso sono falsi dei”, dice giustamente Benedetto XVI, ma la Chiesa Istituzione fa uso ed abuso del potere, travalica il proprio ambito invadendo sistematicamente il campo dell’azione politica, inchioda le coscienze individuali a principi discutibili, mutevoli nel tempo. La brama di denaro che caratterizza la società del “deserto spirituale”, basata su “secolarismo e relativismo” (incubi ricorrenti in Ratzinger) non è estranea nemmeno a coloro che “pongono Dio al primo posto”. Il Vaticano fa parte del mondo della Grande Finanza. La doppia morale dei governanti è presto perdonata, senza confessione né pentimento, se la penitenza è versata in contanti. Da sempre poi il sesso costituisce un problema scottante per la morale cattolica. E’ un passo avanti che non si nasconda più la piaga dei religiosi pederasti, ma per un cristiano è triste dover riconoscere che questo lo si deve all’azione della società civile più che ad una tempestiva presa di coscienza da parte della Istituzione ecclesiastica. Nessuno vuol distruggere la Chiesa di Cristo per le colpe di alcuni suoi uomini, ma va ammessa onestamente la responsabilità dell’aver imposto, per lungo tempo, il silenzio su tali deprecabili episodi. Sotto accusa è una disorientante educazione all’affettività e alla sessualità dei religiosi, tipica di ambienti repressivi, ove l’età evolutiva dell’individuo si arresta o subisce un marcato ritardo, favorendo l’insorgere “naturale”di fenomeni aberranti di compensazione. Nel Vangelo dell’amore di Dio e delle scelte di libertà non ha senso una purezza celibataria imposta, ereditata da un mondo pagano in cui il mediatore doveva essere puro e santo e il celibato era considerato elemento distintivo di distacco dalla natura umana. Cristo parla di coloro che, per libera scelta, “si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli”. Nell’aver sminuito, nei secoli, l’importanza dell’eros si è trascurato che il messaggio cristiano pone al centro della formazione della persona la vita di relazione con l’altro e che l’attività sessuale deve essere considerata un momento determinante della conoscenza e della crescita. Nella impossibilità di vivere una “normalità”sessuale, alcuni religiosi potrebbero sentirsi tentati e incuriositi da un mondo infantile al quale sono più esposti e nel quale più facilmente potrebbero riconoscersi. Compito della Chiesa è educare all’”amore” più che al timore della sessualità. La preoccupazione del cristiano non può essere il mantenere “imbiancato” il proprio sepolcro. Egli sa che la “verità” rende l’uomo libero ( Gv 8, 32) .