giovedì 29 novembre 2012

BASTA INSULTI E DOPPIA MORALE!




Di MASSIMO DONADI.


Rispondo a Di Pietro, che sul suo profilo Facebook ha scritto: “l'aver preso posizioni scomode ha indotto e sta inducendo alcuni nostri militanti ed eletti a percorrere strade diverse perché e' chiaro che nel momento in cui bisogna scegliere tra la coerenza e l'opportunità' di trovare una sistemazione personale si vede chi fa politica per interessi propri e chi per gli interessi dei cittadini. Verso costoro non proviamo rancore auguriamo loro tutto il bene possibile e siamo contenti che questo sia l'occasione per un momento di chiarezza all'interno del partito”.
Ad Antonio Di Pietro, al quale auguriamo ogni bene ed ogni fortuna, diamo un consiglio: non è con gli insulti che si risponde a questioni politiche. Se centinaia tra eletti ed amministratori stanno abbandonando in questi giorni Italia dei Valori non è sicuramente perché tra la coerenza e la ‘sistemazione personale’ hanno scelto quest’ultima, ma esattamente il contrario.
Moltissime persone hanno lascito Italia dei Valori per Diritti e Libertà perché non riuscivano più a stare in un partito che cambiava linea politica mediamente una volta alla settimana, con picchi di due cambi in un solo giorno. Al contrario, quelli che se ne vanno, sono quelli che scelgono di non venire a patti con la propria coerenza e con la propria dignità e che non sono disponibili ad accettare una sorta di doppia morale dove si predica bene e si razzola male come sta facendo Idv che, mentre nelle piazza raccoglie le firme per il finanziamento pubblico, contemporaneamente sta facendo passare i contributi mensili versati da consiglieri e assessori regionali alle rispettive strutture territoriali come donazioni di privati alla tesoreria nazionale per ricevere, sfruttando la nuova norma che prevede una ulteriore erogazione di fondi pubblici doppia rispetto alle donazioni ricevute, un milione di euro l’anno in più rispetto ai finanziamenti che già riceve.
La parte che entra in Diritti e Libertà è quella che non vuole davvero più il finanziamento pubblico, tanto da inserire la rinuncia nello Statuto.