mercoledì 4 novembre 2009

Anniversario amaro per Obama!



dal "Corsera"

NEW YORK -
E' un anniversario amaro per Barack Obama. Un anno dopo la sua vittoria alle presidenziali, il partito democratico incassa una sonora sconfitta in alcune elezioni locali. E' un mini-test limitato a pochi Stati, ma per i repubblicani è stata festa grande. E' un segnale che alle elezioni di mid-term del 2010 l'opposizione di destra potrà insidiare il controllo democratico sul Congresso. I democratici hanno perso non solo il governatore della Virginia, com'era ampiamente previsto, ma anche quello del New Jersey che invece sembrava in bilico fino all'ultimo. La "magìa" di Obama stavolta non ha funzionato, neppure in uno Stato che è tradizionalmente una roccaforte democratica. "E' l'inizio della nostra rimonta", ha dichiarato il presidente del partito repubblicano Michael Steel, precipitandosi nel New Jersey a partecipare alle celebrazioni del suo candidato.
La delusione più cocente per Obama è venuta proprio lì nel New Jersey, dove il repubblicano Chris Christie ha ottenuto quasi il 50% dei voti. Si è fermato a un modesto 46% il governatore uscente, il democratico Jon Corzine. Sulla débacle del New Jersey hanno pesato certo dei fattori estranei alla popolarità di Obama. Corzine ha pagato il fatto di essere "l'uomo di Wall Street" (fu chief executive della Goldman Sachs) in una fase in cui i banchieri calamitano il risentimento popolare. Inoltre il governatore uscente non ha mantenuto la promessa di ridurre la pressione fiscale.
E la sua immagine è stata associata a una serie di scandali che hanno macchiato la classe dirigente locale, sia pure senza coinvolgerlo direttamente. Ma Obama sperava di poter fare la differenza: fino all'ultimo il presidente si è esposto in prima persona, con tre interventi in campagna elettorale al fianco di Corzine. Tutto inutile. Un pezzo di base democratica ha disertato il voto, nello Stato alle porte di New York che l'anno scorso aveva dato a Obama un margine di vittoria (57%) molto superiore alla media nazionale.
Un copione simile si è visto in Virginia. In questo caso la vittoria repubblicana era annunciata, lo Stato del Sud ha tradizioni conservatrici. Però un anno fa Obama era riuscito a strappare an che la Virginia al suo rivale John McCain, grazie a una forte affluenza alle urne degli afroamericani. Che ieri sono rimasti in gran parte a casa. Lasciando al candidato repubblicano Robert McDonnell il 59% dei voti. E' questo un aspetto cruciale del voto di ieri: la disillusione, la disaffezione e l'assenteismo di quelle fasce di nuovi elettori - giovani e minoranze etniche - che avevano dato un contributo decisivo alla "marea Obama" il 4 novembre 2008.
E' una magra consolazione per la sinistra il fatto che la riconferma di Michael Bloomberg a sindaco di New York sia avvenuta con un margine molto più risicato del previsto, appena il 51% contro lo sfidante democratico William Thompson. Così come non fanno notizia le scontate vittorie dei sindaci democratici di Boston e Detroit.
Nonostante la scesa in campo di Obama nel New Jersey, gli uomini del presidente negli ultimi giorni avevano cercato di negare la portata nazionale del voto e quindi di minimizzare in anticipo l'impatto di una sconfitta. "Sono voti amministrativi decisi dalle questioni locali" aveva detto il sondaggista del presidente Joel Benenson. Ma oltre ai problemi locali nelle campagne elettorali ha avuto un peso notevole la crisi economica. A conferma che ormai l'elettorato non è più disposto a fare sconti ai democratici in nome dell'eredità dell'Amministrazione Bush.
L'alta disoccupazione, così come la guerra in Afghanistan, "appartengono" ormai al presidente attuale. I rischi di un'opposizione repubblicana sempre più dura, e capace di fare breccia anche tra i democratici moderati, sono apparsi chiaramente proprio ieri. Pochi minuti prima che si chiudessero le urne nel New Jersey, il leader democratico al Senato Harry Reid aveva dovuto ammettere che con ogni probabilità mancheranno i 60 voti necessari per fare passare la riforma sanitaria. Il cantiere sociale prioritario per Obama può slittare al 2010, secondo Reid. E tra un anno ai repubblicani basterà conquistare qualche seggio senatoriale in più alle elezioni di mid-term, per avere i numeri necessari all'ostruzionismo sistematico. Contro l'agenda riformista di Obama la guerra della destra a quel punto potrebbe diventare paralizzante.
La radicalizzazione della destra però può anche giocarle un brutto scherzo da qui al 2010. Lo dimostra l'unica elezione di ieri che ha aperto un barlume di speranza per i democratici. Si tratta del rinnovo del 23esimo collegio parlamentare di New York. Una zona teoricamente sicura per i repubblicani. Che però si sono cannibalizzati, proprio per effetto della rincorsa estremista. La loro candidata fino alla settimana scorsa era Dede Scozzafava. Troppo moderata, con posizioni liberal su aborto e matrimoni gay, è stata il bersaglio di una feroce campagna dell'ala destra del suo partito, guidata da Sarah Palin e dagli anchormen Glenn Beck e Rush Limbaugh. La Scozzafava ha finito per ritirarsi ma ha dato indicazione di voto per il candidato democratico, Bill Owens. Mentre i repubblicani si sono riversati su un ultrà conservatore, Douglas Hoffman. La vittoria finale è andata a Owens.