sabato 2 marzo 2013

“Xe stà el tablet!”.

“Xe stà el tablet!”.
Con questa affermazione un operatore sanitario se la sarebbe cavata, o almeno l’ha pensato, rispondendo, con troppa sufficienza, a un degente che chiedeva perché il suo pasto non fosse stato corrisposto. Il paziente era giustamente in attesa di quel cibo, che oggi in tanti nosocomi è governato da una rigorosa regolarità, perché dettata dai rigidi protocolli informatici. Come dirò, spesso ritmasti sulla carta.
Per capire bene.
Dopo le esternalizzazioni delle mense ospedaliere, ora le singole commesse, o ordini, come riferiti al malato, vengono gestiti simildomoticamente. Si sfiora uno schermo -  lì è riprodotto il dettaglio dei cibi ambiti dal “cliente”, ma in realtà stabiliti da una seria dieta sanitaria - e tutto è fatto, o almeno all’apparenza.
Se si inceppa qualcosa, la colpa di chi è? Del tablet ovviamente.
Tornando al vissuto.
La pietanza finalmente arriva in stanza ma la relativa targhetta riporta il numero, probabilmente letto invertito da chi non si sa ancora bene (mistero delle scatole cinesi?), di un letto di altro paziente. E, come si sa, in regime sanitario, anche il confondere l’alimentazione non è cosa da sottovalutare. L’impotente “cliente”, chiede, allora, dell’altro da mangiare, però null’altro c’è; nemmeno quel caffèlatte, probabilmente tanto alternativamente desiderato, che ha domandato in subordine. “I reparti non fanno più caffèlatte” è stata la laconica chiosa finale. Sta di fatto che, alla sera, repete. E alle legittime rimostranze della povera malcapitata un bel :”Signora, alla CARITAS xe la fila” chiudeva ogni aspettativa, con il solito addizionale: “Tutta colpa di ‘sto tablet!”.
Suvvia, qualche soggetto fisico l’avrà pur attivato questo strumento tecnologico, o qui l’intelligenza umana è stata completamente surrogata da un tecnoprodotto senza che nessuno accorgesse?
Immagino che questa non sia la sanità, e il trattamento, che uno si aspetta, specie se ammalato.
Se mal si interpreta il proprio ruolo professionale o lo si esercita controvoglia, giustificandosi con l’ingiustificabile, va a finire che si danneggia gravemente proprio quelli che, numerosi, invece dedicano, anche vocazionalmente, la propria attività pubblica alla cura dei bisognosi, e, in questo tempi di crisi universale, con grossi personali surplus: non richiesti, ne contrattualmente mai valorizzati. Mai!
Un correttivo il sistema lo deve trovare, e velocemente, perché è alto il rischio di esplosione. E di implosione: quella dell’umano bisognoso, e suoi cari, per l’extramalessere cagionato; quello degli altri colleghi, che “si fanno il mazzo” , per il disagio procurato; quello del sistema sanitario, già provato da gestioni pluriennali poco efficienti e retrive, perché danneggialo nell’immagine.

Pier Ugo CANDIDO