Roma, 25 giu -
"Il rilievo costituzionale del diritto del lavoro costituisce una delle
manifestazioni più significative ed importanti di quella caratterizzazione in
senso sociale dello Stato democratico che trova nella Carta costituzionale la
sua espressione fondamentale; il ddl governativo non si limita a
modificare singole disposizio ni o singole discipline regolate dal diritto del
lavoro, ma lo novella nella sua totalità, intervenendo su ogni suo aspetto e in
alcuni casi introducendo discipline ex novo che sostituiscono le previgenti:
dalle tipologie contrattuali agli ammortizzatori sociali, dai fondi di
solidarietà alla materia dei licenziamenti e delle tutele delle lavoratrici e
dei lavoratori, limitandosi a citare alcuni ambiti e discipline a titolo di
esempio; si tratta, quindi, di un corpus normativo unitario, come emerge
già dal titolo del provvedimento che contiene l'espressione "riforma del
mercato del lavoro", nonostante la contestuale presenza del distico che la
precede ("Disposiz ioni in materia di") possa trarre in errore chi si
appresti a leggerlo; spetta dunque al Parlamento, anche mediante la
valutazione attenta di un bilanciamento tra principi costituzionali, verificare
se il ddl nel suo insieme rispetta i numerosi principi contenuti in
Costituzione in materia di lavoro e attua i diritti fondamentali che essa
riconosce e garantisce alle lavoratrici e ai lavoratori; il ruolo
centrale assegnato dalla Costituzione al lavoro emerge dal fatto che questo è
posto come valore base dell'ordinamento nazionale (art. 1 Cost.). La Carta
costituzionale, nel momento in cui afferma che l'Italia è una Repubblica
democratica fondata sul lavoro, sancisce l'importanza centrale del lavoro
nell'ordinamento costituzionale. Il lavoro viene configurato come un vero e
proprio diritto sociale, in quanto costituisce la fonte del sostentamento per
l'individuo e la sua famiglia e lo strumento tramite il quale l'individuo
afferma la sua dignità sociale e sviluppa la sua persona (artt. 2 e 3
Cost.); l'art. 4, comma 1, Cost. riconosce ad ogni cittadino il diritto
al lavoro. La norma deve essere letta in connessione con l'art. 3, comma 2, che
stabilisce il principio dell'uguaglianza sostanziale, e va intesa come
obiettivo da raggiungere mediante l'impegno e l'utilizzo di tutti gli
organi operanti in seno allo Stato repubblicano . Pur non essendo assimilabile
ad un diritto soggettivo, il diritto al lavoro mantiene una fondamentale
valenza di parametro costituzionale e qualitativo del buon andamento
dell'attività generale della politica di Governo. Esso è inteso anche come
diritto alla realizzazione da parte dello Stato di tutte le condizioni utili
per agevolare l'ingresso nel mercato del lavoro; l'art. 35, comma 1,
Cost. conferma che la tutela del lavoro assume per lo Stato repubblicano
valenza primaria essendo un suo compito fondamentale; l'art. 36 Cost.
sancisce il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro, che sia in ogni caso sufficiente ad
assicurare a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Sulla base
di esso la giurisprudenza ha individuato nelle retribuzioni stabilite dalla
contrattazione collettiva il trattamento minimo inderogabile che deve essere
riconosciuto ai lavoratori, anche nel caso in cui ad essi non si applichi alcun
contratto collettivo. Lo stesso articolo riconosce come irrinunciabili il
diritto al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite ; l'art.
38, comma 2, Cost. sancisce che ai lavoratori devono essere preveduti ed
assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio,
malattia, invalidità e vecchia, disoccupazione involontaria. Ai compiti
previsti da questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o
integrati dallo Stato; gli artt. 39 e 40 Cost. assicurano la libertà
sindacale e il diritto di sciopero; l'art. 41 Cost. sancisce la libertà
dell'iniziativa economica privata, vietandone però lo svolgimento in contrasto
con l'utilità sociale o in modo da cagionare danno alla sicurezza, alla libertà
ed alla dignità umana. La collocazione della norma all'intern o del testo
costituzionale e vicina alle norme sul lavoro indica il tentativo della Carta
di individuare un equilibro tra il fattore lavoro e quello capitalistico della
produzione , teso al necessario sviluppo economico nel continuo miglioramento
delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori; le disposizioni costituzionali
indicate ai punti precedenti non esauriscono l'intero tessuto di principi e
garanzie concernenti il lavoro, le lavoratrici e i lavoratori, ma ne
rappresentano la trama e la vascolarizzazione profonda; il ddl del
Governo, nella sua struttura complessiva, non è compatibile con i predetti
principi, diritti e doveri costituzionali; sul versante delle
tipologie contrattuali non opera né una semplificazione né una riduzione. Sono
conservate le cinque principali tipologie di rapporti subordinati (a tempo indeterminato;
a tempo determinato; a tempo parziale; di inserimento; di apprendistato) e
quelle di lavoro parasubordinato, come il contratto a progetto, le partite IVA
e la somministrazione; il lavoro a tempo indeterminato, pur essendo
ancora indicato come il contratto di lavoro subordinato normale, continua ad
essere eroso dalle altre tipologie contrattuali, in particolare quelle che pur
essendo di fatto subordinate, nella forma non lo sono. Tale erosione si
manifesta nella certificazione di una precarietà che non risiede nell'onere del
lavoratore di adattarsi a cambiare più lavori, ma nel mantenimento di un
sistema che priva il lavoro della giusta retribuzione e non garantisce
continuità e adeguatezza di versamenti contributivi e coperture assicurative. Nel
ddl ciò avviene, ad esempio: attraverso l'eliminazione della causalità nei
contratti a tempo determinato; l'aumento del rapporto tra lavoratori
dell'azienda e apprendisti, nonché la possibilità di continuare ad assumerne di
nuovi anche se non vengono stabilizzati quelli già impiegati; la conservazione
del lavoro intermittente; l'equiparazione dei contributi nel lavoro a progetto
ma non delle prestazione dovute rispetto agli altri lavoratori (ad
esempio la maternità, la copertura della malattia e dell'infortunio);
l'allentamento dei criteri di presunta subordinazione, ma soprattutto
l'individuazione di un livello reddituale molto basso (al di sotto di 18 mila
euro annui lordi, pari a poco più di 750 euro mensili) superato il quale non
possono operare le azioni di conversione delle false partite IVA e al contempo,
in caso di conversione, l'obbligo per il giudice di dichiarare la sussistenza
di un contratto di lavoro a progetto, anziché subordinato a tempo
indeterminato; sul versante dei licenziamenti individuali e collettivi si
procede nella direzione della riduzione di garanzie al lavoratore attraverso
l'introduzione o il rafforzamento di elementi vessatori, che è possibile
desumere da: la decorrenza del licenziamento economico fin dalla sua
comunicazione in caso di insuccesso della procedura di conciliazione e il
riconoscimento dell'ASpI subordinato al successo della conciliazione; la tutela
reale nel caso di insussistenza di licenziamenti motivati da ragioni economiche
rimessa alla discrezionalità del giudice e non prevista esplicitamente come
sanzione per l'illegittimità del licenziamento; l'insussistenza del fatto posto
a base del licenziamento economico che deve apparire 'manifesto' perché possa
essere riconosciuta l'illegittimità; il riconoscimento dell'indennizzo e non
del reintegro, in caso di licenziamento illegittimo, in caso di presenza
di vizi formali nella procedura o di carenza di motivazione; l'indennità
risarcitoria parametrata, in presenza di un riconosciuto licenziamento
illegittimo, a quanto il lavoratore ha fatto o avrebbe potuto fare per
procurarsi un nuovo lavoro; sul versante degli ammortizzatori sociali
viene smantellato l'attuale sistema, per crearne uno la cui unica ragione
sociale dichiarata non viene realizzata perché non raggiunge l'obiettivo
dell'universalità , non include effettivamente i lavoratori discontinui e non
migliora le prestazioni: la c.d. mini ASpI viene riconosciuta per la metà delle
settimane su cui sono stati versati i contributi, producendo un taglio rispetto
al valore dell'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti attualmente
corrisposta; la previsione di copertura figurativa delle settimane lavorate nel
biennio mobile, cumulata alla riduzione della durata di erogazione
dell'indennità, produce un peggioramento significativo dei diritti
previdenziali. I collaboratori a progetto non vengono inclusi strutturalmente
nel sistema e i requisiti di accesso e le modalità di calcolo dell'indennità
non estendono la sua applicazione e fanno diminuire gli importi spettanti. Pur
procrastinato al 2017, l'abbassamento delle tutele nei confronti di chi oggi
beneficia dell'indenni tà di mobilità è fortissimo, specie per i lavoratori più
anziani. Il mantenimento di condizioni agevolate di finanziamento degli
ammortizzatori sociali per alcuni settori non garantisce un sistema universale
finanziato in eguale misura da tutti anche attraverso l'estensione delle
tutele. Infine, per quanto riguarda gli ammortizzatori in deroga la previsione
di spesa è insufficiente, avuto anche riguardo al perdurare della crisi e al
venire meno, dal 2012, del concorso economico e funzionale delle Regioni,
l'intesa con le quali scade nel 2012 e non è previsto il rinnovo; sul
versante dei fondi di solidarietà il sistema è discriminatorio in quanto esclude
dalla loro copertura i lavoratori occupati in imprese con meno di 15
dipendenti. In tal modo il sistema non riesce ad essere universale, senza che
sia possibile supplire all'esclusione attraverso il ricorso al modello
alternativo previsto al comma 14 dell'articolo 3, consistente in un
adeguamento di quanto oggi è previsto in alcuni settori, come l'artigianato.
Infatti, l'universalità delle tutele in costanza di rapporto di lavoro non
viene assolto dalla riproposizione di un'esperienza di fonte pattizia che era
giustificata proprio per l'assenza di uno strumento pubblico cui ricorrere.
Inoltre il diritto all'erogazione dell'ASpI viene fatto derivare dall'avvenuta
preventiva erogazione di un intervento integrativo da parte dell'ente
bilaterale. Infine si realizza un trasferimento di risorse dai fondi
interprofessionali, che sono uno strumento di politica attiva del lavoro, ad
uno strumento di politica passiva; gli elementi che precedono,
esemplificativi ma non esaustivi, letti unitariamente appalesano una violazione
del tessuto organico rappresentato dalle disposizioni della Costituzione
precedentemente indicate; la valutazione del ddl come corpus normativo
unitario non consente di salvarne l'impianto mediante la valorizzazione
degli aspetti positivi che è possibile cogliere in singole disposizioni o
commi; inoltre lo stesso comportamento del Governo ha impedito di poter
salvare nel ddl le parti che non pongono problemi di costituzionalità;
infatti, il Governo ha alterato il procedimento legislativo che richiede
l'approvazione dei disegni di legge articolo per articolo e con votazione
finale (art. 72 Cost.), mediante l'escamotage di accorpare gli originari 77
articoli di cui si componeva il ddl in soli 4 articoli, su ciascuno dei quali
ha posto al Senato questioni di fiducia il 30 e 31 maggio 2012; la scelta
del Governo di annunciare la posizione della questione di fiducia sul
provvedimento anche alla Camera dei deputati, senza consentire nessuna modifica
al testo licenziato dal Senato, rafforza le ragioni di incostituzionalità, in
quanto sottrae al Parlamento la funzione legislativa che è esercitata
collettivamente dalle due Camere (art. 70 Cost.), in una materia caratterizzata
da diritti fondamentali ed indisponibili; lo strumento della posizione
della fiducia, pur essendo una prerogativa del Governo (art. 94 Cost.), in uno
con le altre scelte consentite dai regolamenti, si presta anche ad un uso
distorto che finisce col diventare incompatibile con la Costituzione e la
funzione legislativa. delibera di non procedere
all'esame del disegno di legge". Lo comunicano in una nota congiunta
gli onorevoli dell'Idv, Donadi, Di Pietro, Paladini, Formisano, Evangelisti,
Borghesi.