L'incarico
relativo alle posizioni organizzative nel pubblico impiego con
particolare riferimento alle autonomie locali e alla sanità
Dionisio Serra
Sommario: 1. Premessa - 2.
Conferimento degli incarichi per le posizioni organizzative negli enti
locali e nella sanità - 3. Sindacabilità da parte del giudice del lavoro
del potere datoriale di assegnazione delle posizioni organizzative - 4.
Considerazioni finali
1. La valorizzazione delle alte professionalità
e le esigenze di flessibilità nella gestione delle risorse umane sono
all'origine dell'istituzione delle posizioni organizzative (avvenuta nel
Comparto delle autonomie locali con il C.C.N.L. 31.03.1999 e nel
Comparto sanità con il C.C.N.L. 07.04.1999).
Le posizioni organizzative rappresentano uno strumento volto a
potenziare, nel sistema di classificazione del personale non
dirigenziale, un modello organizzativo flessibile teso al recupero della
meritocrazia ed orientato al decentramento delle attività ed al
conseguimento dei risultati: il mancato rispetto del principio della
meritocrazia mina il grado motivazionale dei singoli individui e
dell'intera organizzazione, sviluppando una cultura non-aziendale; la
finalità delle posizioni organizzative è quella di far emergere la
peculiarità di determinate posizioni di lavoro.
Destinatari di tali incarichi possono essere, secondo la contrattazione
collettiva, solo i dipendenti appartenenti all'area apicale di ciascun
Comparto: è stato osservato che le posizioni organizzative costituiscono
uno strumento incentivante e fidelizzante per i collaboratori diretti
dei dirigenti (Pedrelli).
Le funzioni per le quali è possibile attribuire gli incarichi di
posizione organizzativa (P.O.) presuppongono una grande competenza e
preparazione professionale, un elevato grado di conoscenza nonché lo
svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità e
specializzazione.
Con le posizioni organizzative si è tentato di rafforzare, nel sistema
di organizzazione e gestione delle risorse umane, la cultura del lavoro
per obiettivi e per progetti.
L'istituto è configurato non quale progressione giuridica della
carriera, ma come incarico temporaneo ad una posizione di lavoro
richiedente lo svolgimento di funzioni direttive di particolare
complessità, o di attività altamente specializzate, o caratterizzate da
elevata autonomia ed esperienza. Tali posizioni rispondono alla
necessità di creare, ad un livello inferiore a quello della dirigenza,
incarichi a termine e specificamente retribuiti, per lo svolgimento di
posizioni di particolare valore e contenuto gerarchico, professionale,
di staff: il titolare di una posizione organizzativa non assume una
posizione stabile all'interno dell'organizzazione amministrativa, ma è
tenuto ad operare per lo svolgimento dei progetti affidategli fino alla
scadenza del termine apposto all'incarico; il conferimento dell'incarico
di posizione organizzativa si configura come un'ipotesi di spostamento
del lavoratore su altra posizione di lavoro, classificata nell'ambito
della stessa categoria di inquadramento contrattuale.
La nuova categoria dei vice-dirigenti, introdotta dalla legge 15 luglio
2002, n. 145 prevista per tutte le pubbliche amministrazioni, sarà
comprensiva di coloro che svolgono quelle particolari funzioni
implicanti un'elevata responsabilità o qualificazione professionale
insita all'assegnazione di una posizione organizzativa: la titolarità di
posizione organizzativa è legata inscindibilmente ad un incarico
temporaneo, soggetto ad una preventiva valutazione dei requisiti, delle
capacità, delle attitudini e dell'esperienza del candidato; una volta
terminato il periodo dell'incarico, il funzionario torna a svolgere le
mansioni proprie della declaratoria di appartenenza, senza alcuna
attribuzione di funzioni dirigenziali proprie o delegate e connesse
responsabilità; il vice dirigente, invece, non è destinatario di un
incarico temporaneo, ma è stabilmente inquadrato in una precisa
categoria contrattuale, proprio come qualsiasi altro dipendente del
comparto o dirigente di ruolo.
La figura degli incaricati di posizione organizzativa appare
assimilabile a quella dei dipendenti destinatari della delega di
funzioni prevista dall'art. 17, comma 1 bis della legge n. 165/2001, con
cui i primi hanno in comune il fatto di essere i dipendenti apicali
dell'ufficio e di essere assegnatari, a tempo determinato, di funzioni
che vengono loro affidate dal superiore gerarchico.
Per alcuni (Bonaretti e Codarda) con l'introduzione delle posizioni
organizzative si consente la delega di una parte di responsabilità
gestionali, si remunerano maggiormente i professionali, si garantiscono
il coordinamento e la gestione di progetti trasversali, si promuovono le
attività di staff o di studio e ricerca, si valorizzano i titolari di
funzioni dirigenziali.
L'individuazione delle posizioni riguardante, come detto, solo le aree o
categorie più elevate di ogni sistema classificatorio, può essere
operata solo da quelle amministrazioni che abbiano portato a termine il
processo di distinzione tra bassa ed alta amministrazione, che abbiano
ridefinito struttura organizzativa e dotazioni organiche (ad esempio,
istituzione del servizio infermieristico all'interno di una azienda
sanitaria) e che abbiano, infine, attivato i servizi di controllo
interni ed i nuclei di valutazione (necessari per il monitoraggio
dell'attività svolta e la verifica dei connessi risultati):
l'introduzione delle posizioni organizzative presuppone, pertanto, che
ciascun ente abbia provveduto alla revisione della propria
organizzazione complessiva.
L'introduzione dell'istituto comporta per le amministrazioni un notevole
sforzo di analisi e progettazione organizzativa, se vuole essere
efficace e non controproducente, fonte più di problemi - in termini
soprattutto di tensioni e conflitti intraorganizzativi - che di benefici
(Bordogna).
Se applicata correttamente e con analisi appropriate, la scelta di
professionalità esemplari e funzionali a cui conferire una posizione
organizzativa, oltre che a soddisfare specifici bisogni funzionali -
organizzativi dell'ente, contribuisce a creare nei confronti dei
lavoratori complessivamente intesi, degli esempi concreti sul modo con
cui bisogna comportarsi.
L'effetto distorto, invece, produrrebbe effetti contrari di
demotivazione al lavoro, rilassamento e visibilità di valori e metodi
legati più al clientelismo politico e sindacale che alla produttività ed
efficienza sul lavoro, nonché alla professionalità acquisita.
Le posizioni organizzative appartengono più propriamente alla disciplina
della retribuzione più che a quella dell'inquadramento, poiché al
conferimento di questi particolari incarichi è legata una retribuzione
aggiuntiva, mentre nulla cambia dal punto di vista della posizione
classificatoria rivestita: con l'assegnazione dell'incarico il
dipendente va a svolgere mansioni comunque rientranti nella declaratoria
del profilo di appartenenza.
La posizione organizzativa è, pertanto, dal punto di vista lavoristico,
un incarico a termine avente ad oggetto lo svolgimento di specifici
compiti di particolare rilievo, ancorché di norma ascrivibili al
mansionario base della qualifica posseduta: resta esclusa la possibilità
di conferire incarichi a contenuto generico al solo scopo di premiare
sotto il profilo retributivo taluni dipendenti.
Le posizioni organizzative non costituiscono una risposta alla
problematica della configurabilità dei "quadri" nel settore pubblico,
ancorché in talune situazioni possono essere state utilizzate per
fronteggiare l'aspettativa del personale direttivo di più elevato
livello di differenziarsi dal residuo personale sotto il profilo
funzionale e retributivo.
La tipologia delle posizioni organizzative istituibili spazia su tutta
la vasta gamma di attività dell'ente: dalla direzione di unità
organizzative di particolare complessità ai compiti di studio e ricerca.
2. Il C.C.N.L. autonomie locali del 31.03.1999 (nuovo ordinamento
professionale), ha dettato le regole per l'istituzione dell'area delle
posizioni organizzative ed ha previsto che negli enti privi di dirigenza
(piccoli Comuni) essa coincide con le strutture organizzative apicali:
resta, in ogni caso, ferma l'autonomia organizzativa dell'ente circa la
decisione di istituire l'area delle posizioni organizzative.
Rientrano nell'area delle posizioni organizzative, secondo l'art. 8 del
C.C.N.L. 31.03.1999, quelle posizioni che richiedono l'assunzione di
elevata responsabilità di prodotto e di risultato, quali la direzione di
unità organizzative di particolare complessità o lo svolgimento di
attività ad alto contenuto professionale, correlate con il conseguimento
di laurea, specializzazione o iscrizione ad albi professionali o le
attività di staff e/o studio ricerca, ispettive, di vigilanza e di
controllo, caratterizzate da elevata autonomia ed esperienza.
L'istituzione di tali aree deriva direttamente dalla previsione
legislativa di cui all'art. 40, comma 6, D.lgs. n. 165/2001, la quale
oltre a riconoscere la necessità di disciplinare con disposizioni
contrattuali ad hoc lo status dei dipendenti che svolgono funzioni per
cui è richiesta l'iscrizione ad albi professionali oppure il possesso di
specifiche e complesse competenze, ha altresì previsto un'area di
contrattazione separata per quei dipendenti che svolgono funzioni di
responsabilità cui sono imputabili una serie di attività sia pure non
autonome, ma di rilevante contenuto professionale.
Gli incarichi, decorrenti dal giorno successivo a quello di affidamento
(la corresponsione degli emolumenti relativi alle posizioni
organizzative con decorrenza retroattiva costituisce danno erariale non
potendosi ipotizzare che le somme pagate per il periodo precedente alla
effettiva istituzione delle posizioni organizzative e al conferimento
dei relativi incarichi possa aver prodotto per l'amministrazione un
corrispondente beneficio), rinnovabili (con le stesse formalità, quindi
con atto scritto e motivato; l'obbligo di motivazione non è richiesto in
caso di mancato rinnovo) e revocabili (prima della scadenza, con atto
scritto e motivato, in presenza di intervenuti mutamenti organizzativi o
in conseguenza di specifico accertamento annuale di risultati negativi)
sono remunerati con un trattamento economico accessorio composto dalle
retribuzioni di posizione e di risultato proprie dei dirigenti e vengono
conferiti (per un periodo non superiore a cinque anni; non viene
indicato anche un periodo minimo di durata, ma si può ragionevolmente
ritenere che questo non possa essere inferiore a un anno, tenuto conto
dell'obbligo della valutazione annuale dei risultati conseguiti) da
questi ultimi esclusivamente al personale della categoria D "con atto
scritto e motivato", tenuto conto "della natura e caratteristiche dei
programmi da realizzare, dei requisiti culturali posseduti, delle
attitudini e della capacità professionale e esperienza acquisiti dal
personale": il C.C.N.L. non precisa come gli enti debbano tenere conto
di tutto ciò e soprattutto se l'ente debba valutare comparativamente
tutti i possibili candidati alle posizioni da conferire; sarebbe
necessario una selezione comparativa tra i candidati la quale, seppur
non può eliminare l'elevato tasso di soggettività nella scelta, almeno
può evitare designazioni macroscopicamente illogiche, soprattutto ove i
criteri generali prefissati dagli enti circoscrivano il margine libero
di scelta dell'amministrazione.
Occorre osservare che alcune amministrazioni hanno conferito gli
incarichi in questione con motivazioni più che di stile mentre altre
hanno invece attivato dei complessi procedimenti selettivi che hanno
coinvolto tutto il personale della categoria D: nel secondo caso la
previsione di elevati punteggi sia per la qualità professionale e
attitudinale dei candidati sia per l'avvenuto svolgimento delle funzioni
inerenti alle posizioni da conferire ha consentito di utilizzare la
macchinosa procedure selettiva per effettuare affidamenti mirati e
"predeterminati" degli incarichi, situazione che sta determinando un
diffuso e serpeggiante malcontento nei dipendenti pretermessi,
malcontento che sarebbe possibile eliminare trasformando tutte le unità
operative complesse in posizioni organizzative, anche se in tal modo
verrebbe vanificata la finalità per la quale sono state previste le
posizioni organizzative che è quella, come detto, di far emergere la
peculiarità di determinate posizioni di lavoro.
Gli enti devono dotarsi di criteri generali cui uniformarsi per il
conferimento degli incarichi (per assicurare la correttezza e la
trasparenza dei comportamenti relativi all'affidamento degli incarichi
in parola), criteri che devono incentrarsi sulla natura e
caratteristiche dei programmi da realizzare (criterio tipicamente
oggettivo) sui requisiti culturali, sulle attitudini, sulla capacità
professionale e sull'esperienza acquisita nella categoria D di
appartenenza (elementi che attengono ad aspetti strettamente
soggettivi).
L'istituzione dell'area delle posizioni organizzative non presuppone
necessariamente che l'ente abbia provveduto a definire il PEG (piano
esecutivo di gestione).
Al titolare di una posizione organizzativa è corrisposto un trattamento
economico accessorio costituito per una parte, più consistente, dalla
retribuzione di posizione (da un minimo di euro 5.164,57 ad un massimo
di euro 12.911,42 annui lordi per tredici mensilità) e per un'altra
parte dalla retribuzione di risultato (stabilita in percentuale di
quella di posizione variabile da un minimo del 10% ad un massimo del 25%
della medesima): la retribuzione di posizione presuppone che le
amministrazioni abbiano definito preventivamente il valore economico di
ciascuna posizione istituita entro i limiti minimo e massimo stabiliti
dal contratto, mentre la retribuzione di risultato è in dipendenza della
valutazione positiva dei risultati dell'attività svolta ed è quindi
eventuale e corrisposta annualmente a consuntivo.
Sarebbe un errore oltre che un elemento di restaurazione attribuire le
indennità in modo uguale a tutti i responsabili senza tener conto delle
differenziazioni che all'interno di ciascun ente di fatto esistono.
Un accordo di interpretazione autentica del 24.04.2002 dell'A.R.A.N. e
delle Organizzazioni e Confederazioni sindacali firmatarie del contratto
ha risposto negativamente in ordine alla questione se alla
contrattazione decentrata integrativa sia o meno consentito introdurre
ipotesi ulteriori di revoca (per effetto della quale il dipendente perde
il trattamento economico connesso all'incarico e viene restituito alle
funzioni del profilo di appartenenza nella categoria D) rispetto a
quelle previste dall'art. 9 del C.C.N.L.
In virtù del C.C.N.L. del 22.01.2004, i Comuni privi di dirigenza, in
relazione alle proprie esigenze organizzative, individuano, se
necessario, anche in via temporanea, le posizioni organizzative che
possono essere conferite al personale con rapporto di lavoro a tempo
parziale di durata non inferiore al 50%, riproporzionando il trattamento
economico di posizione.
Il potere di istituire, graduare e valutare le posizioni organizzative è
condizionato a precisi adempimenti preliminari, tra i quali "la
ridefinizione delle strutture organizzative e delle dotazioni organiche
dell'ente": la dottrina ha ricondotto tale potere all'ambito della
micro-organizzazione, ovvero delle determinazioni organizzative della
P.A. che si esplicano attraverso atti di diritto privato" trattandosi di
una attività che non attiene alla determinazione delle linee
strutturali fondamentali degli uffici, bensì alla definizione di
dettaglio ed al funzionamento degli stessi, con lo scopo di incrementare
i livelli di flessibilità e che si riflette, altresì, sul piano
dell'organizzazione del lavoro e della gestione del personale nella
definizione di nuove posizioni di lavoro (C. Spinelli)
L'A.N.C.I. (con parere del 26.01.2006) ha precisato che se presso l'ente
sono presenti in dotazione organica profili di accesso D3 (vecchia
ottava qualifica funzionale), l'assegnazione dell'incarico nell'area
delle posizioni organizzative deve prioritariamente spettare al
personale inquadrato in posizione D3, sul presupposto che tale
inquadramento risulti superiore a quello in D1(vecchia settima qualifica
funzionale).
L'incarico attribuito nell'ambito dell'area delle posizioni
organizzative è incompatibile con qualsiasi altra indennità o
trattamento accessorio, fatte salve le eccezioni espressamente previste
nel C.C.N.L: naturalmente al termine dell'incarico od in caso di revoca
dello stesso il dipendente, in concomitanza alla perdita del trattamento
riservato alle posizioni organizzative riacquista il diritto alle
competenze accessorie previste dal contratto.
La disciplina dell'area delle posizioni organizzative contenuta negli
art. 8 e seguenti del C.C.N.L. del 31.03.1999 è stata integrata dal
C.C.N.L. del 22.01.2004, mediante la previsione di particolari posizioni
definite di "alta professionalità".
Secondo un'opinione consolidata in dottrina, il dipendente cui il
dirigente o il sindaco intende conferire l'incarico di posizione
organizzativa non può rifiutarsi di assumere detto incarico: la
titolarità di posizione organizzativa costituisce il contenuto possibile
ed eventuale dei dipendenti inquadrati nella categoria D, ai quali il
dirigente può conferire detto incarico, nell'esercizio del potere
datoriale di poter esigere "tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna
categoria, in quanto professionalmente equivalenti".
Nei Comuni di minori dimensioni demografiche, privi di posizioni
dirigenziali, il responsabile degli uffici e dei servizi non può
rifiutare l'incarico de quo, trattandosi di un incarico che, nel momento
in cui essi accettano la responsabilità di un ufficio e di un servizio,
rientra tra quelli esigibili, in quanto in tali enti la titolarità
della posizione organizzativa coincide con la responsabilità degli
uffici e dei servizi formalmente individuati.
Il rifiuto del dipendente di assumere l'incarico verrebbe a configurare
un inadempimento contrattuale, poiché con la sottoscrizione del
contratto individuale di lavoro egli assume l'obbligo di adempiere le
prestazioni ascrivibili alla sua categoria di appartenenza ed
individuate nella declaratoria dei profili professionali, secondo le
indicazioni e le esigenze manifestate dal datore di lavoro e non invece
secondo le proprie autonome valutazioni: tuttavia nell'ambito della
propria autonomia regolamentare i singoli enti possono prevedere che il
rifiuto di assumere l'incarico divenga illegittimo solo nel momento in
cui non sia giustificato da gravi e documentati motivi.
Il dipendente inquadrato nella categoria D o responsabile degli uffici e
dei servizi non ha alcun diritto al conferimento dell'incarico né al
suo mantenimento fino alla sua scadenza naturale, potendo il dirigente o
il sindaco decidere di conferire soltanto ad alcuni dei dipendenti
della categoria D o ad alcuni dei responsabili degli uffici e dei
servizi, ritenuti in possesso delle competenze e delle professionalità
necessarie per l'espletamento di detto incarico.
E' opportuno sottolineare che l'individuazione delle posizioni
organizzative, la loro graduazione economica e la nomina dei
responsabili sono operazioni sottratte alla contrattazione decentrata:
il contratto dispone l'obbligo della preventiva informazione alle
organizzazioni sindacali (da effettuare preferibilmente in forma
scritta), cui può seguire la concertazione se richiesta, ma le scelte
sono operate in piena autonomia dell'ente: alla contrattazione
integrativa è affidata la definizione dei criteri per la ripartizione e
la destinazione delle risorse finanziarie a copertura delle retribuzioni
di posizione e di risultato da corrispondere a fronte degli incarichi
di posizioni organizzative.
E' il caso di precisare che l'ammontare della retribuzione di risultato
va definito a priori in modo tale che il dipendente interessato sia a
conoscenza di ciò che potrà percepire se riuscirà a raggiungere tutti
gli obiettivi che gli sono stati assegnati.
La somma risultante non è assolutamente dovuta in modo automatico ed in
misura piena, ma costituisce il tetto massimo erogabile in caso di
riconoscimento di pieno ottenimento dei risultati: pertanto, la relativa
liquidazione può anche non avere luogo qualora il nucleo di valutazione
accerti il totale fallimento della gestione del settore, o può avvenire
in misura inferiore al massimo se gli obiettivi sono stati raggiunti
solo parzialmente.
La possibilità di corrispondere la retribuzione di posizione agli
incaricati di posizione organizzativa, salvo il caso del congedo di
maternità che è esplicitamente disciplinato in senso positivo dal
contratto del 14.09.2000 (c.d. code contrattuali) non è direttamente
disciplinata dal contratto, ma è rimessa alla autonoma regolamentazione
dei singoli enti: gli artt. 8-11 del C.C.N.L. del 31.03.1999 si
limitano, infatti, a definire gli aspetti essenziali e generali della
disciplina delle posizioni organizzative mentre spetta all'autonoma
potestà regolamentare degli enti la determinazione della
regolamentazione di dettaglio della materia, con particolare riferimento
alle ipotesi di assenza, soprattutto se prolungata, del titolare della
posizione organizzativa; in mancata di una diversa regolamentazione
approvata da ogni singolo ente, il dipendente incaricato di una
posizione organizzativa conserva la titolarità della stessa anche nei
casi di assenza (pure di lunga durata) ed il corrispondente diritto a
percepire la retribuzione di posizione e di risultato; in linea generale
si deve, infatti, ritenere che la retribuzione di posizione è legata
unicamente alla titolarità dell'incarico e non alla presenza in
servizio.
Va chiarito che la retribuzione di posizione spetta ai titolari di
incarichi di posizione organizzativa che siano distaccati per ragioni
sindacali.
Una ricerca ha evidenziato una correlazione tra istituzione delle
posizioni organizzative e numero delle organizzazioni sindacali presenti
nelle R.S.U.: laddove è minore la frammentazione sindacale risulta "più
facile la introduzione delle posizioni organizzative".
Le posizioni organizzative sono previste per il personale del Comparto sanità dagli artt. 20 e 21 del C.C.N.L. 1998-2001.
L'azienda deve preventivamente procedere ad una graduazione delle
funzioni di posizione organizzativa, tenendo conto dei seguenti
elementi:
a) livello di autonomia e responsabilità della posizione, anche in
relazione alla effettiva presenza di posizioni dirigenziali
sovraordinate;
b) grado di specializzazione richiesta dai compiti affidati;
c) complessità delle competenze attribuite;
d) entità delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e strumentali direttamente gestite;
e) valenza strategica delle posizioni rispetto agli obiettivi aziendali.
L'art. 21 stabilisce che ai fini dell'attribuzione degli incarichi
relativi le posizioni organizzative istituite vengono presi in
considerazione tutti i dipendenti collocati nella categoria D i quali
vengono opportunamente selezionati in base ai requisiti culturali
posseduti,alle attitudini, alla capacità professionale e all'esperienza
acquisita: all'incarico si accompagna, per la sua durata, un'indennità
di funzione.
Gli incarichi devono essere conferiti con atto scritto e motivato tenuto
conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare,
dei requisiti culturali, delle attitudini e delle capacità
professionali ed esperienze acquisite dal personale.
L'affidamento delle posizioni organizzative rientra tra le competenze
esclusive del Direttore generale, in analogia con quanto disposto
dall'art. 27 dei vigenti C.C.N.L. 08.06.2000 dell'area della dirigenza
medica-veterinaria e della dirigenza S.p.t.a. per il conferimento degli
incarichi dirigenziali: il provvedimento di affidamento dell'incarico di
posizione organizzativa è un atto deliberativo adottato dal Direttore
generale sulla base delle proposte-indicazioni effettuate dal direttore
amministrativo e sanitario, in relazione ai rispettivi servizi di
competenza e previa intesa con i dirigenti responsabili delle strutture
cui afferiscono le posizioni medesime.
L'atto di conferimento deve indicare:
- l'attribuzione delle funzioni e delle responsabilità;
- il risultato da realizzare;
- la retribuzione prevista;
- il termine di scadenza dell'incarico;
- il conferimento di eventuali risorse;
- la definizione di un programma e le sue modalità di esecuzione.
In sanità le modalità di attribuzione delle posizioni organizzative
differiscono nettamente da quelle previste nel comparto autonomie
locali, ove, compete al dirigente conferire, con atto scritto e motivato
- ai soli dipendenti inquadrati nella categoria D - gli incarichi in
esame per un periodo di tempo non superiore a cinque anni, previa
determinazione dei criteri generali da parte degli enti: la suddetta
norma prevede una sorta di giudizio di idoneità preventiva, rimesso alla
esclusiva discrezionalità del dirigente, sulle capacità del dipendente
da scegliere - tra le risorse umane a sua disposizione - per lo
svolgimento dell'incarico che forma oggetto di posizione organizzativa.
La procedura con la quale nel comparto sanità si individua colui che
avrà l'incarico relativo le posizioni organizzative non può ritenersi un
vero e proprio concorso interno, in quanto non prevede il conferimento
di alcuna progressione verticale: ciò che viene attribuita è una mera
funzione di coordinamento all'interno della categoria di appartenenza
(cat. D) nella quale l'interessato rimane comunque inquadrato: in questi
termini si è espressa, con orientamento costante, la giurisprudenza
sostenendo, che le procedure selettive per il conferimento di incarichi
dirigenziali nell'ambito dell'area sanità, non hanno natura concorsuali,
"giacche la competente Commissione si limita alla verifica dei
requisiti di idoneità dei candidati alla copertura dell'incarico, a
conclusione di un colloquio e della valutazione di curricula, senza
attribuire punteggi o formare una graduatoria, ma semplicemente
predisponendo un elenco di candidati, tutti idonei perché in possesso
dei requisiti di professionalità previsti dalla legge e delle capacità
manageriali richieste in relazione all'incarico da conferire, da cui il
Direttore generale attinge il nominato sulla base di una scelta di
carattere essenzialmente fiduciario" (T.A.R. Puglia, Bari, 21.06.2006,
n. 1457).
Nel Comparto sanità gli incarichi in questione hanno una durata non
inferiore ad un anno e sono rinnovabili: la misura dell'indennità di
funzione è stabilita dall'art. 36 del C.C.N.L. del 07.04.1999, viene
corrisposta per tutta la durata dell'incarico ed assorbe i compensi per
il lavoro straordinario e per la pronta disponibilità.
La Corte dei Conti, sez. giurisdizionale Regione Lombardia, con
decisione n. 172 del 10.03.2006, ha stabilito che la retribuzione nel
settore sanitario di incarichi di posizione organizzativa avviene
esclusivamente con indennità corrisposta ai titolari in base agli artt.
20,21 e 36 C.C.N.L. sanità 1998-2001, che è obbligatoriamente ed
esclusivamente finanziabile con il fondo previsto dall'art. 39 C.C.N.L.
citato, statuente importi da euro 3.098,74 ad euro 9.296,22 per ciascuna
posizione organizzativa individuata contrattualmente. Ne consegue che
la previsione, con accordi interni, di più elevati importi rispetto a
quelli contrattualmente fissati, con somme a carico del bilancio
aziendale, costituisce un danno erariale: nel caso in questione il
finanziamento delle posizioni organizzative era avvenuto non solo(ed
esclusivamente) con le dotazioni dello specifico fondo stabilito per
contratto, ma anche attraverso somme aggiuntive a carico del bilancio
della struttura sanitaria, somme che configurano un danno erariale.
La revoca dell'incarico di posizione organizzativa, che comporta la
perdita della retribuzione può essere adottato dall'azienda (con le
stesse modalità dell'atto di conferimento), anche in corso di attività,
in caso di grave inadempienza agli obblighi e alle responsabilità
derivanti dall'incarico. La revoca per intervenuti mutamenti
organizzativi si ha quando a seguito di ristrutturazioni della struttura
dell'ufficio intervenute in corso di attività emerge un nuovo modello
organizzativo con ricollocazioni di funzioni che incidono sull'attività
che forma oggetto di posizione organizzativa: se la modifica
organizzativo-istituzionale è tale da rendere inattuabile l'attività che
forma oggetto di posizione organizzativa, questa può essere revocata,
fermo restando la possibilità di rinegoziare l'incarico adattandolo,
laddove sia possibile, al nuovo contesto organizzativo: qualora, per
effetto di una diversa organizzazione dell'azienda, la posizione
organizzativa venga soppressa ed il dipendente ad essa preposto da
almeno tre anni abbia sempre ottenuto valutazioni positive,
all'incaricato viene attribuita la fascia economica successiva a quella
di inquadramento, in attuazione dell'art. 36 del C.C.N.L.; qualora abbia
già raggiunto l'ultima fascia, allo stesso viene attribuito a titolo
personale un importo pari all'ultimo incremento di fascia ottenuto.
Poiché l'istituto in esame non risulta essere stato compiutamente
regolamentato dal C.C.N.L. 07.04.1999, è affidata alle singole aziende,
in virtù della capacità imprenditoriale e di autogoverno ad esse
riconosciuta, la definizione di una compiuta disciplina in ordine alle
modalità di individuazione e di attribuzione delle posizioni
organizzative: in analogia a quanto già previsto per il conferimento
degli incarichi dirigenziali, ciascuna azienda dovrebbe adottare un
apposito regolamento per disciplinare concretamente le modalità di
affidamento, valutazione, conferma e revoca delle posizioni
organizzative e per precisare i poteri e le responsabilità
effettivamente attribuiti agli assegnatari di ciascuna posizione
organizzativa, ciò al fine di limitare il più possibile il conferimento
di incarichi generici, utilizzando la relativa retribuzione per motivi
esclusivamente premiali e non connessi allo svolgimento effettivo di
funzioni di particolare rilevanza.
Nel Comparto sanità l'art. 21 del C.C.N.L. 07.04.1999, in tema di
valutazione delle posizioni organizzative prevede espressamente che:
- il risultato delle attività svolte dagli assegnatari di posizioni
organizzative è soggetto a specifica e periodica valutazione di cadenza
non inferiore all'anno;
- i criteri per la valutazione delle posizioni organizzative devono essere determinati in via preventiva;
- le procedure valutative devono essere espletate dai servizi di controllo interno o nuclei di valutazione.
Tutti gli assegnatari di posizione organizzativa sono valutati
dall'organismo di cui all'art. 21 del C.C.N.L. 07.04.1999 sulla base
della proposta formulata dal sovraordinato che ha diretta conoscenza del
valutato: l'esito della valutazione costituisce presupposto per la
conferma - revoca dell'incarico di posizione organizzativa e
rappresenta, altresì, una condizione per il passaggio ad una graduazione
superiore con conseguente maggiorazione dell'indennità di funzione; il
nucleo di valutazione valuta annualmente la performance di ciascuna
posizione organizzativa anche per l'attribuzione all'incaricato della
retribuzione di risultato.
Nel Comparto Regioni-Enti locali e sanità è previsto un sistema di
garanzie del dipendente incaricato delle posizioni organizzative che
ricorda, con le dovute differenze, quello previsto per la valutazione
dei dirigenti: le amministrazioni prima di procedere alla
formalizzazione di una valutazione non positiva acquisiscono in
contraddittorio le valutazioni del dipendente, anche assistito
dall'organizzazione sindacale o da persona di fiducia.
Il personale incaricato delle posizioni organizzative è tenuto ad
effettuare prestazioni lavorative settimanali non inferiori a trentasei
ore, mentre non sono retribuite le eventuali prestazioni ulteriori che
gli interessati potrebbero aver effettuato, senza diritto ad eventuali
recuperi in relazione all'incarico affidato e agli obiettivi da
conseguire.
L'orario minimo settimanale deve essere soggetto alla vigente disciplina
relativa a tutto il personale dell'ente e agli ordinari controlli sulla
relativa quantificazione:il contratto di lavoro non attribuisce né al
datore di lavoro né al dipendente il potere o il diritto alla
autogestione dell'orario settimanale consentita, invece, al solo
personale dirigenziale; tali lavoratori sono, pertanto, tenuti alla
timbratura dell'apposito orologio marcatempo in occasione dell'entrata e
dell'uscita.
Le eventuali maggiori prestazioni rese oltre il normale orario d'obbligo
settimanale non danno titolo a corrispondenti riposi compensativi,in
analogia con quanto previsto per i dirigenti: le eccezioni espressamente
previste negli enti locali riguardano il lavoro straordinario prestato
per le consultazioni elettorali o referendarie nonché quello prestato in
occasione dei censimenti ISTAT.
Non spetta il riposo compensativo al titolare di posizione organizzativa
che abbia lavorato durante la giornata del sabato, ovviamente negli
enti in cui tale giornata è di riposo: spetta il riposo compensativo al
titolare di posizione organizzativa solo nel caso in cui abbia lavorato
nel giorno di riposo settimanale (l'omnicomprensività del trattamento
economico previsto per gli incaricati di posizione organizzativa è stata
introdotta per controbilanciare il più favorevole trattamento economico
accessorio percepito, di modo che a maggiori compensi corrisponda anche
un maggior impegno, non solo qualitativo ma anche quantitativo).
Sarebbe opportuno che nell'atto di conferimento di titolarità di
posizione organizzativa venga precisato che il funzionario individuato
per la titolarità di posizione organizzativa è tenuto, in analogia al
personale dell'area dirigenziale, a prestare servizio anche in orario di
lavoro aggiuntivo, se necessario, senza che detta prestazione, che,
peraltro, dovrebbe e potrebbe rientrare nell'ambito del conseguimento di
obiettivi, possa dar luogo a monetizzazione ovvero a recuperi di
carattere compensativo.
Il dipendente incaricato di una posizione organizzativa non perde la
possibilità di beneficiare della progressione economica all'interno
della categoria di inquadramento: i benefici derivanti dalla
progressione economica all'interno della categoria sono incrementi del
trattamento fondamentale e non costituiscono trattamento accessorio,
anche se il loro finanziamento avviene con risorse prelevate dal fondo
per il trattamento accessorio.
Occorre evidenziare che la retribuzione di posizione deve essere
corrisposta in misura pari al 100% per tutto il periodo del congedo di
maternità, anche se l'incarico di posizione organizzativa scade
all'interno del periodo di congedo: nel periodo di astensione
obbligatoria, difatti; la lavoratrice ha diritto all'intera retribuzione
fissa mensile, alle quote di salario accessorio fisse e ricorrenti,
compresa la retribuzione di posizione, nonché al salario di
produttività; pertanto, non ha alcun rilievo la scadenza dell'incarico
di posizione organizzativa durante il periodo di congedo.
La retribuzione di posizione può negli anni essere diminuita solo nel
caso in cui siano diminuite le competenze assegnate a quella struttura
organizzativa a capo della quale sia posto il relativo funzionario.
La retribuzione di risultato dipende dalla valutazione positiva riferita
alla funzione esercitata e deve tendere a premiare la capacità
dimostrata dal titolare al raggiungimento degli obiettivi assegnati allo
stesso.
Occorre sottolineare che in dottrina si sostiene l'impossibilità di
attribuire agli incaricati di posizione organizzativa l'adozione di atti
riconducibili alla sfera dirigenziale; per alcuni i dirigenti non
potrebbero, in assenza di una espressa previsione legislativa, neanche
delegare gli atti di propria competenza: l'assunzione, da parte dei
titolari di posizione organizzativa, di provvedimenti dirigenziali
rappresenterebbe l'introduzione di una deroga non ammessa dal vigente
ordinamento.
3. Occorre chiedersi quali limiti incontra il giudice ordinario che sia
investito della controversia relativa alla presunta illegittimità del
conferimento degli incarichi in discorso.
Il giudice del Lavoro del Tribunale di Pistoia, con sentenza del
31.03.2006, ha affermato che nel pubblico impiego privatizzato
l'amministrazione pubblica conserva il potere discrezionale nella scelta
delle posizioni organizzative e il controllo del giudice non può
spingersi oltre l'accertamento della non manifesta inadeguatezza o
irragionevolezza della regola selettiva e del rapporto tra regola e
finalità: il giudice pistoiese ha sottolineato che la pretesa di un
dipendente del comune di Pistoia di vedere aggiunta una posizione
organizzativa (servizio prevenzione e protezione) ulteriore rispetto a
quelle deliberate risulta in contrasto col potere discrezionale di cui
gode il datore di lavoro nell'esercizio del suo potere organizzativo,
salvo dimostrare (cosa che nella fattispecie non era avvenuto) che la
mancata considerazione del servizio di cui si chiede l'istituzione
rappresenti una manifesta inadeguatezza o irragionevolezza.
La Corte di Cassazione, sez. lav., con sentenza n. 5104 del 27.02.2008,
ha statuito che nei settori in cui i rapporti di lavoro sono regolati
dal diritto privato del lavoro, la P.A. è priva della discrezionalità
c.d. amministrativa nell'assegnazione delle singole posizioni
organizzative ai dipendenti. Tuttavia, l'amministrazione, come qualsiasi
datore di lavoro che operi nell'ambito del diritto privato, ha
ugualmente a propria disposizione margini di discrezionalità in
particolare quando alla P.A. stessa vengano lasciati dalla
contrattazione collettiva. Di tali margini deve avvalersi con
correttezza e buona fede.
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 12.07.2005, n. 2827, ha
affermato che l'assegnazione delle posizioni organizzative è il
risultato di una valutazione discrezionale entro i limiti di criteri
generali, che, in quanto tali, limitano tale valutazione solo in modo
relativo: nel caso di specie, il Tribunale ha respinto il ricorso del
dipendente della provincia che aveva lamentato la mancata assegnazione
della posizione organizzativa, sul rilievo che, trattandosi di
valutazione discrezionale dell'amministrazione, il medesimo non aveva
dimostrato che la scelta dalla quale era rimasto escluso fosse stata
irrazionale o non osservante dei criteri cui doveva ispirarsi.
Con la stessa sentenza il Tribunale di Milano ha precisato che
l'attribuzione delle posizioni organizzative non costituisce una
selezione in senso stretto, dal momento che non vengono attribuiti
punteggi ai singoli aspiranti o formate graduatorie:non si tratta di
procedura selettiva in senso proprio, ma di una seria comparazione tra
più titoli fatti valere tra più aspiranti, da cui anche una scelta
discrezionale non può prescindere.
La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza n. 90 del 28.01.2005, ha
stabilito che non sussiste alcun diritto dei dipendenti ad essere
preposti ad una posizione organizzativa anche qualora l'abbiano già
ricoperta in virtù di un precedente incarico, posta la natura temporanea
e fiduciaria dell'incarico stesso e gli indubbi margini di
discrezionalità valutativa riconosciuti al titolare del potere di
conferimento, rinnovo e revoca di tali funzioni.
Per la Corte d'Appello di Firenze la mancata conferma di un incarico di
posizione organizzativa non dà origine a demansionamento, considerato
che tali incarichi vengono conferiti a tempo determinato, possono essere
revocati anticipatamente, e alla scadenza dell'incarico il dipendente-
che comunque resta inquadrato nella categoria di appartenenza - viene
restituito alle funzioni del relativo profilo di appartenenza: come
rilevato dall'autorità giudiziaria il titolare del potere di
conferimento, rinnovo e revoca (ossia nel caso degli enti locali, il
sindaco o il presidente della provincia) dispone di indubbi margini di
discrezionalità in relazione ai quali anche il potere di controllo
giudiziale è necessariamente circoscritto; considerati da una parte gli
ampi margini di discrezionalità valutativa e l'onere di motivazione che
incombono sul titolare del potere di conferire incarichi di posizione
organizzativa, sarà possibile per il giudice, unicamente, sindacare la
congruità delle motivazioni, la presenza delle condotte discriminatorie,
di spoil system ingiustificati.
La Corte d'Appello di Firenze, confermando l'orientamento del giudice
di primo grado nonché quello dominante in materia, ha escluso che la
mancata conferma di un incarico concernente le posizioni apicali nei
Comuni privi di dirigenti, di posizioni organizzative così come di
incarichi dirigenziali possa comportare una violazione dell'art. 2103
c.c., posto, in primis, che la norma stessa non trova applicazione
nell'ambito dei rapporti di pubblico impiego; poiché con l'atto di
conferimento di incarichi come quelli in oggetto si assegnano funzioni
di direzione di unità organizzative complesse, attività qualificate
rientranti nell'ambito delle funzioni proprie di appartenenza del
lavoratore, rivestire una posizione organizzativa non comporta
l'acquisizione di una qualifica superiore o un diritto al mantenimento a
tempo indeterminato dell'incarico.
Il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, in data 15.02.2005, ha
pronunciato una sentenza nella quale ha sottolineato che la mancata
esplicitazione dei criteri seguiti dalla pubblica amministrazione per il
conferimento di posizioni organizzative determina l'illegittimità dei
relativi atti di conferimento in quanto in tal modo si violano i vincoli
valutativi e procedimentali che devono presiedere l'azione
dell'amministrazione in modo da assicurare la trasparenza della scelta
(il giudice nella fattispecie ha dichiarato l'illegittimità dei decreti
dirigenziali con i quali erano state assegnate posizioni organizzative
senza la necessaria valutazione comparativa prevista dalla
contrattazione collettiva).
La Corte d'Appello dell'Aquila, con sentenza n. 435 del 30.06.2005, ha
affermato che in sede di attribuzione di posizioni organizzative l'Ente
pubblico ha sia l'obbligo di procedere all'individuazione del dipendente
cui conferire la posizione organizzativa sulla base di criteri
predeterminati, sia di motivare l'atto con il quale assegna al
lavoratore prescelto la posizione stessa; il mancato rispetto di questi
due vincoli rende illegittimo il comportamento della P.A. che può essere
condannata per inadempimento all'esecuzione della prestazione o al
risarcimento del danno: per la Corte d'Appello dell'Aquila l'obbligo di
motivazione dell'atto di attribuzione della posizione organizzativa è
assolto dall'ente pubblico nel momento in cui esso dà conto del fatto
che, alla luce dei criteri prestabiliti, il dipendente prescelto è
idoneo a ricoprire la posizione organizzativa di cui si tratta, non
essendo invece necessario che nell'atto siano esplicitati anche i motivi
per i quali quel dipendente sia stato ritenuto maggiormente idoneo
rispetto agli altri aspiranti al medesimo incarico.
La fattispecie concreta affrontata dalle due pronunce, quella del
Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi e quella della Corte d'Appello
dell'Aquila, è la stessa: un dipendente regionale si duole della mancata
assegnazione della posizione organizzativa, ritenendo viziata, per
varie ragioni, la scelta dei dipendenti incaricati delle posizioni in
concreta operata dall'amministrazione
Ad avviso dello scrivente, il potere datoriale di assegnazione delle
posizioni organizzative è sindacabile giudizialmente, oltre che per vizi
di legittimità conseguenti alla violazione delle previsioni
contrattuali, anche in ordine al rispetto degli obblighi di correttezza e
di buona fede, con conseguente potere del giudice di dichiarare
l'illegittimità dei provvedimenti adottati, ma non anche di sostituirsi
all'amministrazione, attribuendo in sua vece una posizione organizzativa
(se il giudice ritiene effettivamente sussistente l'inadempimento
contrattuale può condannare la P.A. a ripetere la scelta ovvero al
risarcimento del danno).
Il conferimento di una posizione organizzativa non è di per sé un
diritto, appartenendo comunque alla discrezionalità del datore di lavoro
pubblico destinare ciascun dipendente, con atti legittimi, alle diverse
posizioni,anche eventualmente modificando, con l'adozione di atti
macroorganizzativi, l'organizzazione dei servizi: in altri termini, è
l'amministrazione e non il giudice, che deve correttamente esercitare la
discrezionalità, comparando i vari interessi coinvolti nel
procedimento, alla luce dei criteri valutativi del C.C.N.L.: al giudice è
consentito di verificare la scelta effettuata dalla P.A. sotto il
profilo della congruità e della ragionevolezza, dovendo accertare che il
procedimento abbia seguito il corso prescritto dalla legge.
4. Non si può che esprimere, a conclusione
della disamina delle posizioni organizzative con riferimento in
particolare alle autonomie locali e alla sanità, un giudizio
sostanzialmente positivo in ordine alla scelta della contrattazione
collettiva di introdurre tali incarichi, in quanto strumento idoneo a
favorire dinamiche organizzative flessibili nelle pubbliche
amministrazioni e a coniugare una valorizzazione professionale adeguata
ed una soddisfazione economica potenzialmente congrua per i lavoratori.
Le posizioni organizzative non possono, tuttavia, costituire la
risposta ad ogni esigenza di valorizzazione delle elevate
professionalità, poiché, così come sono state strutturate dai contratti
collettivi, esse si prestano a dare adeguato riconoscimento soltanto
all'esercizio di funzioni direttive.
Le posizioni organizzative devono essere utilizzate realmente per far
fronte ad esigenze organizzative dell'amministrazione e non, per
esempio, in funzione sostitutiva di progressioni economiche altrimenti
precluse o, peggio ancora, per non meglio definibili operazioni di
"fidelizzazione" intraprese dalla dirigenza.
Occorre, infine, sottolineare come opportuno l'avvicendamento dei
lavoratori più capaci e meritevoli nel ricoprire le posizioni
organizzative, cosa che tuttavia può essere inficiata dalla mancata
previsione di limiti massimi al rinnovo dell'incarico che, sia detto
chiaramente, può prestarsi ad abusi.
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