Anziani,malati cronici e non autosufficienti: istituzionalmente dimenticati?
C’è un rapporto del CEIS - Center for Economic and International studies di Tor Vergata - che attesta: “L’1,3% di impoverimento è causato da bisogni di salute. In altri termini la salute provoca un aumento di circa il 10% di poveri effettivi… L’anzianità è un catalizzatore potente della fragilità: oltre il 60% delle famiglie impoverite contiene anziani”.
Non è una novità che un rilevante numero di famiglie italiane finisce
sotto la soglia di povertà, a cagione del rilevante sostegno economico
del proprio anziano cronico o persona con disabilità grave. Questi dati
chiaramente espongono l’allarmante carenza di servizi gratuiti per la
cura e assistenza di anziani malati cronici non autosufficienti. La
famiglia, il cui ruolo è determinante in termini di affetto e
accudienza, si trova, oramai, troppo spesso nella situazione, non idonea
e legittima, di esercizio di attività surrogatoria di quella del
servizio sanitario nazionale, e regionale.
Finita la fase dell’acuzie, in cui il paziente (fin troppo paziente) è curato e assistito dalle strutture ospedaliere del SSN/SSR, il curato viene spesso dimesso con “velocità” per essere affidato al sistema territoriale.
Finita la fase dell’acuzie, in cui il paziente (fin troppo paziente) è curato e assistito dalle strutture ospedaliere del SSN/SSR, il curato viene spesso dimesso con “velocità” per essere affidato al sistema territoriale.
E,qui,si assiste al black out operativo.
Con certa ricorrenza non c’è collegamento tra reparto dimettente, famiglia, e territorio.
Le dimissioni non sempre sono programmate, condivise coi familiari, e
“protette”, nel senso di assicurare al soggetto bisognoso il massimo di
protezione curativa e assistenziale.
Ricordo che è istituzionale l’obbligo, per l’Azienda sanitaria e il servizio sociale del co mune di
residenza, di garantire la continuità assistenziale,con adeguata
assistenza domiciliare, fornitura dei necessitati ausili, e supporto
curativo/assistenziale.
Ritengo prioritaria la salvaguardia a domicilio della persona anziana, e non autosufficiente, dopo il ricovero ospedaliero.
Scientificamente è provato che la permanenza al proprio domicilio può rappresentare la
scelta maggiormente rispettosa dei suoi bisogni e desideri. Questo
contesto va difeso e “messo in sicurezza” ad opera delle Istituzioni competenti. Predisporre attività sanitarie, e
correlate, in regime territoriale, implementando i servizi con idoneo
personale e risorse finanziarie (quelle che si dovrebbero liberare dalla
sempre più limitata ospedalizzazione), unendole a un contesto familiare
sereno, a buone relazioni e sostenuti affetti,nel quale l’anziano si identifica, può essere un potente stimolo alle
capacità di pensiero, di azione e di autonomia, qualora siano ancora,
almeno parzialmente, presenti. Mi sembra, quindi, necessario ribadire
che, al di là degli incentivi economici, la cura a domicilio della
persona, malata cronica e non autosufficiente, è un diritto, e non una
mera concessione: questa cura è dovuta. Le Istituzioni se lo sono
dimenticato?