sabato 24 agosto 2013

Anziani, malati cronici e non autosufficienti: istituzionalmente dimenticati?

Anziani,malati cronici e non autosufficienti:istituzionalmente dimenticati?

C’è un rapporto del CEIS - Center for Economic and International studies di Tor Vergata - che attesta: “L’1,3% di impoverimento è causato da bisogni di salute. In altri termini la salute provoca un aumento di circa il 10% di poveri effettivi… L’anzianità è un catalizzatore potente della fragilità: oltre il 60% delle famiglie impoverite contiene anziani”.
Non è una novità che un rilevante numero di famiglie italiane finisce sotto la soglia di povertà, a cagione del rilevante sostegno economico del proprio anziano cronico o persona con disabilità grave. Questi dati chiaramente espongono l’allarmante carenza di servizi gratuiti per la cura e assistenza di anziani malati cronici non autosufficienti. La famiglia, il cui ruolo è determinante in termini di affetto e accudienza, si trova, oramai, troppo spesso nella situazione, non idonea e legittima, di esercizio di attività surrogatoria di quella del servizio sanitario nazionale, e regionale. 
Finita la fase dell’acuzie, in cui il paziente (fin troppo paziente) è curato e assistito dalle strutture ospedaliere del SSN/SSR, il curato viene spesso dimesso con “velocità” per essere affidato al sistema territoriale.
E,qui,si assiste al black out operativo.
Con certa ricorrenza non c’è collegamento tra reparto dimettente, famiglia, e territorio.
Le dimissioni non sempre sono programmate, condivise coi familiari, e “protette”, nel senso di assicurare al soggetto bisognoso il massimo di protezione curativa e assistenziale.
Ricordo che è istituzionale l’obbligo, per l’Azienda sanitaria e il servizio sociale del co mune di residenza, di garantire la continuità assistenziale,con adeguata assistenza domiciliare, fornitura dei necessitati ausili, e supporto curativo/assistenziale.
Ritengo prioritaria la salvaguardia a domicilio della persona anziana, e non autosufficiente, dopo il ricovero ospedaliero.
Scientificamente è provato che la permanenza al proprio domicilio può rappresentare la scelta maggiormente rispettosa dei suoi bisogni e desideri. Questo contesto va difeso e “messo in sicurezza” ad opera delle Istituzioni competenti. Predisporre attività sanitarie, e correlate, in regime territoriale, implementando i servizi con idoneo personale e risorse finanziarie (quelle che si dovrebbero liberare dalla sempre più limitata ospedalizzazione), unendole a un contesto familiare sereno, a buone relazioni e sostenuti affetti,nel quale l’anziano si identifica, può essere un potente stimolo alle capacità di pensiero, di azione e di autonomia, qualora siano ancora, almeno parzialmente, presenti. Mi sembra, quindi, necessario ribadire che, al di là degli incentivi economici, la cura a domicilio della persona, malata cronica e non autosufficiente, è un diritto, e non una mera concessione: questa cura è dovuta. Le Istituzioni se lo sono dimenticato?