E’ di questi giorni il deposito delle
motivazioni della sentenza del Tribunale di Torino sul caso del gruppo
industriale “Eternit”.
L’eternit, noto anche come
cemento-amianto o fibrocemento, è una miscela di cemento ed amianto nel
rapporto di 6:1 che, se opportunamente trattata, si presta alla
produzione di svariati manufatti.
Fin dagli anni Trenta venne stretta
un’intesa per il controllo del mercato mondiale dell’amianto tra tre
società: la Saiac Ag, ossia il cartello europeo, la Turner & Newall
Limited del Regno Unito e la Johns-Manville Corporation degli Stati
Uniti.
Nel 1962 la Commissione della Comunità
economica europea emana la Raccomandazione n. 2188 con la quale si
invitavano gli Stati membri ad adottare una lista europea di malattie
professionali con la previsione dell’asbestosi. Tale raccomandazione è
stata di fatto disattesa dall’Italia fino al 1975, anno in cui il tumore
polmonare, considerato quale complicanza dell’asbestosi, verrà inserito
dall’istituto assicuratore fra le malattie indennizzabili.
Sin dal 1972 la pericolosità
dell’amianto iniziava ad essere percepita non solo dai tecnici, ma anche
dalla stampa e dai cittadini. Questa crescente diversa sensibilità fu
resa manifesta da un articolo che comparve negli Stati Uniti il 21
gennaio 1973 sul supplemento domenicale del New York Times;
nell’articolo si faceva diretto riferimento alle malattie
amianto-correlate, alla lunga latenza del mesotelioma, all’assenza di
una cura, alla possibilità di essere colpiti da una malattia anche per
brevi esposizioni, all’aumento del rischio collegato ad un’esposizione
prolungata nel tempo.
Solo con l’emanazione del decreto
legislativo 277/91 e delle successive modifiche intervenute entrano a
far parte dell’ordinamento giuridico italiano i valori limite soglia
ponderati, così come previsti dalla direttiva CEE n. 47750 del 1983
relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi connessi con
l’esposizione all’amianto. Solo alla fine della X legislatura fu
finalmente approvata la legge 27 marzo 1992, n. 257. Con questo atto si
giungeva finalmente alla cessazione delle produzioni contenenti amianto e
si stabiliva inoltre che, a parziale compensazione del danno subito, i
lavoratori esposti all’amianto potessero andare in pensione prima del
previsto a causa della aspettativa di vita significativamente
inferiore alla media.
Nel processo Eternit gli imputati sono
stati tratti a giudizio e condannati per omissione dolosa di cautele
contro gli infortuni sul lavoro e disastro doloso.
Uno degli aspetti più importanti della
sentenza riguarda il riconoscimento di posizioni tutelabili per i
residenti dei Comuni di Cavagnolo e Casale Monferrato non esposti
professionalmente, ma pure affetti da mesotelioma pleurico ed il
riconoscimento del danno da esposizione, ovvero il danno ricollegabile
al timore dei residenti nei comuni medesimi, attualmente sani, di
contrarre in ragione dell’esposizione ambientale ad amianto una
patologia asbesto-correlata.
L’Italia dei Valori da tempo si sta
occupando in modo significativo delle problematiche connesse agli
infortuni sul lavoro ed, in particolare, al tema dell’esposizione
all’amianto.
Il disegno di legge A.S. 2573 del 2011
dà all’articolo 1 una definizione dei lavoratori esposti ed ex esposti e
dei cittadini esposti ed ex esposti all’amianto, considerando dunque
come persone a rischio anche coloro che, pur non manipolando l’amianto,
ne sono venuti a contatto per motivi abitativi, familiari o ambientali.
L’articolo 2 prevede, con una
formulazione delle norme che si ritiene più chiara e idonea, la
conferma dell’istituzione, presso l’INAIL, del Fondo per le vittime
dell’amianto, finalizzato all’erogazione di una prestazione economica
aggiuntiva alla rendita diretta o alla liquidazione della rendita ai
superstiti. Il finanziamento del Fondo è ora a carico, per tre quarti,
del bilancio dello Stato e, per un quarto, delle imprese, responsabili
della mancata realizzazione della anagrafe dei lavoratori esposti, della
scarsa attività di vigilanza sia nei confronti dei lavoratori che dei
cittadini e, più in generale, di una grave situazione di inquinamento
ambientale che causa migliaia di decessi.
E’ inoltre necessario e doveroso
prevedere una forma di risarcimento soprattutto per quei lavoratori che,
ai sensi della legge n. 257 del 1992, non hanno avuto il
riconoscimento di alcun beneficio previdenziale. Occorre ricordare,
infatti, che, sulla base di quanto disposto dalla suddetta legge,
possono accedere ai benefici previdenziali solo quei lavoratori che,
presentata la domanda all’INAIL (e, in seguito alle modifiche apportate
alla legge, anche all’Istituto di previdenza per il settore marittimo –
IPSEMA), ottengono la certificazione del riconoscimento di esposizione
all’amianto per un periodo superiore ai dieci anni. Si prevede inoltre
che i benefici previdenziali di cui all’articolo 47 si applichino anche
ai lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo
inferiore ai dieci anni con le seguenti modalità:
1) il coefficiente moltiplicatore si applica nella misura di 1,15 fino a cinque anni di esposizione;
2) il coefficiente moltiplicatore si applica nella misura di 1,25 dai cinque ai dieci anni di esposizione.
Inoltre, si prevede che il coefficiente moltiplicatore si applichi nella misura di 1,50 oltre i dieci anni di esposizione.
Lo stesso articolo prevede altresì la
riapertura dei termini per presentare le domande ai fini del
riconoscimento dei benefici previdenziali. Infatti, dopo la scadenza
del 15 giugno 2005 – termine ultimo previsto dal comma 5 dell’articolo
47 del decreto-legge n. 269 del 2003 – sono state presentate oltre
60.000 ulteriori domande. Il termine viene qui prorogato ai sei mesi
successivi alla data di entrata in vigore della nuova normativa.
Inoltre a questo proposito si introduce un’importante distinzione tra i
lavoratori ex esposti e quelli esposti: per i primi è prevista la
riapertura dei termini, mentre per i secondi non è previsto alcun
termine, dando così ad essi l’opportunità di presentare la domanda in
qualsiasi momento.
L’articolo 5 prevede l’assistenza legale gratuita per i lavoratori e i cittadini esposti ed ex esposti.
Il disegno di legge A.S. 3298 del
2012 prevede l’istituzione di una Procura nazionale contro gli infortuni
sul lavoro che è stata avanzata, oltre che anche da molte associazioni
dei familiari delle vittime, dagli operatori del settore e, in
particolare, dai magistrati di Torino che, in questi ultimi mesi, hanno
portato a conclusione i processi per il rogo alla Thyssen e per i
decessi causati dall’amianto (processo Eternit), sulla base del
presupposto che le indagini sulle cause degli infortuni richiedono il
coordinamento tra diverse specializzazioni, professionalità e diversi
livelli di competenza, tali da far compiere al faticoso lavoro di
prevenzione e contrasto meritoriamente portato avanti in questi anni, il
necessario salto di qualità. In più di un’occasione si è levato alto il
monito del Presidente della Repubblica, che, nel ribadire
l’inaccettabilità degli infortuni sul lavoro e delle morti bianche, ha
richiamato le forze di Governo ad un maggiore impegno per dare
concretezza a forme più adeguate di tutela, in modo da assumere tutte le
misure necessarie per assicurare il rispetto delle norme poste a
garanzia della vita e dell’integrità fisica dei lavoratori.
Già oggi, alcune delle maggiori procure
hanno individuato sezioni specializzate, che peraltro incontrano anche i
limiti posti dall’ordinamento giudiziario sulla permanenza nella
medesima sede dopo un determinato numero di anni. A tale problematica
specifica si propone di porre rimedio il disegno di legge A.S. 3154
recante una modifica dell’articolo 19 del decreto legislativo 5 aprile
2006, n. 160, in materia di prolungamento degli incarichi di taluni
magistrati specializzati. E’ necessaria una diversa e più efficace
organizzazione giudiziaria.
Il disegno di legge individua, a tale
proposito, una Procura della Repubblica specializzata e con competenza
estesa a tutto il territorio nazionale in grado di affrontare
efficacemente le ipotesi di reato di maggiore gravità. Solo in tal modo
sarebbero possibili indagini più rapide sfruttando le nuove e più
sofisticate metodologie investigative e processuali, azioni sistematiche
ed organiche di prevenzione, valutando l’eziologia professionale di
importanti patologie su tutto il territorio nazionale e superando la
frammentazione organizzativa attuale sul territorio che vede, ad
esempio, rari rapporti tra procure ed Inail.
Una visione unitaria e coordinata del
fenomeno ne consentirebbe un più efficace contrasto, favorendo anche
l’apertura di scenari giudiziari finora inesplorati nel settore della
sicurezza sul lavoro (le ipotesi di disastro, il delitto di omissione di
cautele antinfortunistiche) e, soprattutto, offrendo un punto di
riferimento ai tanti organi di vigilanza che operano in questo campo. Il
che consentirebbe anche una applicazione più estesa della
responsabilità amministrativa e delle relative sanzioni, anche
interdittive. Un simile organo, potrebbe inoltre più agevolmente
interloquire con le autorità giudiziarie di altri Paesi nei casi di
maggiore complessità. Modelli europei per una procura nazionale non
mancano, a cominciare dall’esperienza francese del Pôle de la santé.
Il caso amianto sugli aeromoboli MD80 nel 2012
Con Atto di Sindacato Ispettivo n°
4-07375 seguito da due esposti presentati alla Procura della Repubblica
di Torino – al Dott. Guariniello – e alla Procura della Repubblica di
Roma, si è voluto attenzionare il tema dell’amianto presente sugli
aeromobili MD80 e l’evoluzione dell’esposizione all’amianto dei
dipendenti della compagnia di bandiera.
Gli esposti sono stati sottoscritti
oltre che dalla sottoscritta anche da alcune sigle sindacali tra cui
AVIA (assistenti di volo italiani associati), UP (Unione Piloti), IPA
(Italian Pilots Association), USB TRASPORTI, FAST CONFSAL.
La preoccupazione nasce – da quanto è
dato conoscere – da quanto trovato durante le fasi di smontaggio di
alcuni aerei dell’ex compagnia di bandiera Alitalia che si trovavano sui
piazzali di Fiumicino dai tecnici che se ne sono occupati.
A bordo degli aerei e in alcune
componenti meccaniche e strutturali sarebbero state trovate quantità di
amianto tali da richiedere il fermo delle operazioni, in attesa delle
operazioni di bonifica, così come previsto dalla normativa in materia,
per poi procedere alla rimozione in sicurezza delle componenti
d’amianto, fino al loro completo smaltimento in discarica.
In più, dal 1992, anno della cessazione
dell’impiego dell’amianto in Italia, risulterebbe che le case
costruttrici di aerei hanno segnalato alla compagnia di bandiera la
presenza di amianto in alcune parti meccaniche, con l’invito ad una loro
rapida sostituzione, ma non si hanno a tutt’oggi notizie di
certificazioni Alitalia che attesterebbero la totale bonifica
dell’amianto dagli aerei, preferendo negli anni Alitalia procedere con
la sostituzione delle diverse componenti secondo la loro naturale
scadenza.
Alitalia non ha mai richiesto
l’applicazione per i propri dipendenti dei benefici previsti dalla legge
per i lavoratori esposti all’amianto, nonostante si siano verificati
decessi tra il personale per mesotelioma pleurico e nonostante recenti
controlli sanitari sul personale aeroportuale e di volo registrino tassi
di mesotelina fuori norma, superiori agli standard consentiti, perché
non ci siano rischi per la salute.
I controlli sugli aeromobili che
vengono effettuati dal personale di volo e dal personale di terra
tecnico che hanno la durata di circa un’ora prima di ogni volo, 50
minuti durante il transito degli aeromobili e 50 minuti al termine del
volo o serie di voli, l’amianto contenuto nelle parti meccaniche, come
per esempio nel sistema frenante, che è stato per anni disperso dagli
aerei, durante le frenate d’atterraggio su piste e raccordi, con un
conseguente inquinamento del sedime aeroportuale e che finivano poi
nell’aria aspirata dai motori sulle piste di decollo, aria riciclata e
respirata da tutti, personale navigante e passeggeri sono elementi che
ci portano ad ipotizzare un’esposizione all’amianto significativa dei
dipendenti.
Per non parlare poi delle relazioni
dell’Istituto Superiore di Sanità dalle quali emerge il possibile
contributo del rilascio da tutti gli oggetti e materiali contenenti
amianto presenti in passato all’interno degli aerei (coibentazioni,
guarnizioni di vario tipo, materiali di isolamento, parti dell’impianto
di condizionamento, dispositivi di protezione individuale) e delle
recenti sentenze di svariati Tribunali del Lavoro che recentemente hanno
riconosciuto agli ex lavoratori Alitalia, accertata la loro alta
esposizione alle fibre di amianto, i benefici di cui all’articolo 13
della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, e quindi
il diritto alla rivalutazione della posizione pensionistica.