mercoledì 30 marzo 2011

Il NECESSARIO recupero di CITTA' MANDAMENTO.


Il dipartimento regionale EE.LL.& WELFARE dell’Italia dei Valori - Lista Di Pietro ritiene prioritario, anche per Monfalcone, il recupero del PROGETTO CITTA’ MANDAMENTO, di cui la città dei cantieri è attualmente comune capofila. Nato sperimentalmente attorno agli anni ’90 per la volontà, e la lungimiranza di qualche amministratore locale, avrebbe dovuto, negli anni a seguire, fare “sistema locale” creando organicamente le basi per l’omogeneizzazione di tutti i servizi pubblici con una rete intercomunale di fruitori. In estrema sintesi, ad esempio, il cittadino, primo beneficiario delle utilità che ne sarebbero derivate, avrebbe potuto, in qualsiasi delle nove municipalità aderenti, ricevere gli stessi servizi, migliorati, propri del Comune di residenza e altri di cui ne era sprovvisto; ciò favorendo un congruo contenimento di costi pubblici a carico dello stesso cittadino. In sostanza migliori servizi unificati per costi sociali contenuti. Purtroppo, aldilà di qualche rara eccezione, i progetti applicativi di CITTA’MANDAMENTO di fatto sono rimasti pressoché sulla carta. E’ inequivocabile che, per operare, oggi, il soggetto pubblico, sia esso Stato o Ente locale, deve oramai orientarsi verso risorse ed obiettivi territoriali, che siano universalmente riconosciuti tali oltre ad essere condivisi e condivisibili: progetti attuabili su base locale a totale beneficio della comunità d’afferenza. E’ il territorio, quindi, che andrebbe maggiormente coinvolto o quantomeno rivalutato. I vari soggetti sociali, che ruotano attorno all’ente locale -  questo dovrebbe delegare loro, e per materia, vari processi organizzativi e esecutivi -  diverrebbero attuatori in misura semplice, flessibile e cooperativistica di modelli di servizi legati ai reali e specifici bisogni/contesti di riferimento. Il progetto mandamentale era appunto ritagliato perfettamente per queste specificità, in un territorio costituito da nove comuni del basso isontino. Caratteristica precipua che, ad esempio, una Città comune o una Città Unica – due o tre comuni uniti - non ha e mai potrà avere. Il concetto di  Città comune o similare, contrapposto al modello di sviluppo mandamentale, di fatto cristallizzerebbe, solo differenziandoli, gli attuali costi delle varie “macchine comunali”, in tutte le molteplici sfaccettature, e accentuerebbe i già presenti campanilismi elevandoli a potenza: due o tre comuni in uno solo, gli eletti, e sei, gli esclusi! Nel panorama mandamentale v’è già sufficiente contezza di antagonismi ancestrali per non amplificarli con altre forme amministrative disordinate di gestione della “cosa pubblica”. Per ricorrere ancora ad esempi: ad oggi si consumano competizioni tra “quello” e “quell’altro” comune, seppur afferenti allo stesso territorio; tra associazioni che si moltiplicano e si prodigano a alzare la voce più di altri in nome della difesa della stessa cultura locale. Insomma il minimo comune denominatore, lo stesso territorio o la stessa cultura locale, diventa motivo di divisione quando invece dovrebbe unire. Aldilà di questa digressione esemplificativa sarebbe utile e molto semplice mettere insieme le forze ottimizzandone gli sforzi: un fazzoletto di terra com’è quello mandamentale non può permettersi dispersioni e divagazioni operative. Gli enti locali, e i loro rappresentanti, superino l’impasse attuale, causato da un lato, forse, dall’eccessiva burocratizzazione del progetto e dall’altro da una visione ristretta e campanilistica di Città Mandamento. Per favorire un’inversione di tendenza ogni primo cittadino non dovrebbe più limitarsi alla “cura” territoriale del proprio “ambito elettorale” ma spingersi oltre e fare “rete” col comune contermine. Ognuno potrebbe così addivenire a ruolo di compartecipe nella gestione ottimale, e su larga scala, di servizi pubblici, superando ogni logica di stretto confine, a beneficio, ovviamente, della  collettività: questa sì unica.