Un sequestro, ancora a carico di un blogger italiano, non viene portato a termine: lo spazio web risiede all'estero. Ma non sempre il caso si dipana in questo modo. - Roma - Un pericoloso fantasma si aggira per le Corti Italiane e sembra destinato ad avere sempre più seguito. Si tratta del sequestro penale di blog o siti Internet, molto spesso nella forma del sequestro preventivo, ordinato in forma sempre più massiccia, come dimostra anche il caso già denunciato da Guido Scorza qualche giorno fa, che riguardava il sequestro di un blog ad opera della Procura della Repubblica di Bergamo. Di questi giorni è la notizia, rilanciata immediatamente dal blog del giornalista Oliviero Beha, del sequestro preventivo del blog del giornalista pugliese del Corriere della Sera Carlo Vulpio, ad opera del procuratore aggiunto di Bari Pasquale Drago, sequestro convalidato dal GIP di Bari Vito Fanizzi, per un articolo presuntivamente diffamatorio, ai danni peraltro del segretario generale dell'Associazione Nazionale Magistrati, Cascini, ma che avrebbe portato al sequestro preventivo dell'intero blog, e non solo della pagina "incriminata".
In realtà secondo quanto è dato apprendere dalle informazioni rimbalzate in rete il sequestro sarebbe stato disposto circa un anno fa ma di questi giorni è la singolare notizia del fatto (fornita dallo stesso blogger) che le autorità preposte non avrebbero eseguito il sequestro in virtù del fatto che il server, su cui si appoggia il blog, sarebbe situato all'estero.
Lo stesso blogger avrebbe dichiarato: "È successo che la Polizia postale ha comunicato ai magistrati che l'ordine di serrata non poteva essere eseguito, in quanto la piattaforma di questo blog ha sede negli Stati Uniti".
Orbene la notizia richiede qualche approfondimento, per il rilievo assunto dai fatti narrati in precedenza. Innanzitutto il contesto in cui stanno accadendo questi fatti di cronaca giudiziaria inducono a qualche riflessione:
1) Il sequestro preventivo di siti Internet (o dei blog) veniva sino a qualche tempo fa concesso con assoluta parsimonia e, quasi sempre in relazione a fattispecie di gravità conclamata, quali la presenza di immagini pedopornografiche e l'incitamento all'odio razziale o l'inneggiamento o il fiancheggiamento di attività terroristiche. Da qualche tempo a questa parte il sequestro riguarda sempre più attività dei blogger per presunte diffamazioni e/o fattispecie molto dubbie di violazione dei diritti d'autore, quali ad esempio il recente caso di Linkstreaming.
2) Il sequestro in questi ultimi tempi non è stato mai concesso per i singoli post o articoli, ma ha riguardato l'intero blog, come è accaduto al caso del giornalista Vulpio, con le gravi conseguenze in ordine al diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero garantito dalla Costituzione: se infatti un post o un articolo ha un contenuto diffamatorio, e fermo restando il diritto-dovere del magistrato di verificare la notizia di reato, non si può realmente pensare di privare un cittadino di esprimere i propri pensieri tramite un blog, ma lo si deve "eventualmente" perseguire solo per il reato compiuto attraverso quel post.
3) A partire dal caso The Pirate Bay in poi (e all'autorevole avallo avuto dalla Corte di Cassazione a questa prassi nel dicembre 2009), al fine di scongiurare l'accesso ai siti incriminati da parte dei navigatori italiani gli uffici delle procure sparse sul territorio della Repubblica, quando non riescono a sequestrare "fisicamente" il sito Internet o il blog, perché i server sono collocati all'estero, dispongono sempre più il sequestro DNS o IP presso i provider italiani.
4) Questo avviene di solito con l'imposizione ai provider italiani, mediante lettere recapitate in genere dalle forze dell'Ordine incaricate di far eseguire il provvedimento da parte dell'ufficio di procura, di impedire "fisicamente" ai navigatori italiani l'accesso ai siti (o ai blog) incriminati. Questo tra l'altro è quanto avvenuto, a quanto sembra sia nel caso del Blogger perseguito dalla procura di Bergamo che dal sequestro operato dalla procura di Pescara a carico del sito Linkstreaming.
Queste ultime considerazioni inducono tutti noi a non avere la stessa fiducia in una potenziale "zona franca" di libera manifestazione del pensiero prospettata dal giornalista Vulpio colpito dal provvedimento cautelare del sequestro, proprio in virtù della possibilità che il blog situato all'estero venga colpito da un provvedimento indiretto a carico dei provider. Oltre a generare qualche dubbio in ordine alla necessità che per poter esprimere liberamente il proprio pensiero, ferma sempre l'assunzione di responsabilità anche penale da parte di chi firma gli articoli, un blogger debba necessariamente posizionare il proprio Blog all'estero.